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News : Friedrich Wilhelm Nietzsche - Mi descrivo così: Un filosofo scomparso più di 30 anni prima dell'avvento del nazismo, quindi cosa c'entro io?
Inviato da Stefano Amendola il 2/2/2024 8:40:00 (1761 letture)

Friedrich Wilhelm NietzscheE sapete voi che cosa è per me il mondo? Devo mostrarvelo nel mio specchio? Questo mondo è un mostro di forza, senza principio, senza fine, una quantità di energia fissa e bronzea, che non diventa né più piccola né più grande, che non si consuma, ma solo si trasforma, che nella sua totalità è una grandezza invariabile [...] Questo mio mondo dionisiaco che si crea eternamente, che distrugge eternamente se stesso, questo mondo misterioso di voluttà ancipiti, questo mio al di là del bene e del male, senza scopo, a meno che non ci sia uno scopo nella felicità del ciclo senza volontà, a meno che un anello non dimostri buona volontà verso di sé, per questo mondo volete un nome? Una soluzione per tutti i suoi enigmi? E una luce anche per voi, i più nascosti, i più forti, i più impavidi, o uomini della mezzanotte? Questo mondo è la volontà di potenza e nient'altro! E anche voi siete questa volontà di potenza e nient'altro! Friedrich Wilhelm Nietzsche Nato martedì 15 ottobre 1844 a Leipzig (Germania), morto sabato 25 agosto 1900. Segni particolari: Prima della rottura ero un grande amico di Wagner, il musicista. Mi descrivo così: Un filosofo scomparso più di 30 anni prima dell'avvento del nazismo, quindi cosa c'entro io?



Filosofo (Röcken, presso Lützen, 1844 - Weimar 1900). Friedrich Wilhelm Nietzsche
Nella sua opera convivono una violenta critica distruttiva verso il passato (la tradizione filosofica, morale e religiosa dell'Occidente da Socrate in poi) e un appassionato appello al futuro, alla creazione di un uomo nuovo capace di affrontare la tragicità della vita senza bisogno di certezze filosofiche o religiose. Le sue idee antidemocratiche e l'esaltazione della volontà di potenza ne favorirono la strumentalizzazione da parte del nazismo.



VITA E OPERE


Studiò filosofia classica a Bonn e Lipsia e a questo periodo risale il suo entusiasmo per il pensiero di Schopenhauer e per la musica di Wagner, con cui strinse anche un'amicizia destinata però presto a sfaldarsi per gravi divergenze di pensiero. Professore di filologia classica a Basilea nel 1869, N. nel 1872 pubblicò una delle sue opere più chiare ed efficaci: Geburt der Tragödie aus dem Geiste der Musik, a cui si affiancarono gli studî sui presocratici, e soprattutto l'importante saggio inedito del 1873: Über die Philosophie im tragischen Zeitalter der Griechen. Seguirono le quattro Unzeitgemässe Betrachtungen del 1873-76, dedicate rispettivamente a D. F. Strauss e il problema religioso, al problema dell'utilità o del danno della storia per la vita, a Schopenhauer, a Wagner. Le sue condizioni di salute andavano però sempre peggiorando e si facevano sempre più frequenti i disturbi psichici (dovuti forse a una paralisi progressiva) che dovevano portarlo più tardi alla pazzia.


Nel 1879 N. lasciava definitivamente l'insegnamento, soggiornando poi a lungo in Italia e in Engadina. Questo periodo, segnato dalla rottura con Wagner e dalla pubblicazione di Menschliches Allzumenschliches (1878), Morgenröte (1881) e, soprattutto, Die fröhliche Wissenschaft (1882), rappresenta la fase "critica", o, come a volte si è detto, "illuministica" di N., tutto impegnato in una critica serrata dei valori tradizionali e nello studio "genealogico" della cultura e della morale della civiltà europea. Frattanto si aveva la svolta verso l'ultimo periodo, nel quale dominano i temi del superuomo, dell'eterno ritorno dell'identico e della volontà di potenza, svolta che, secondo il racconto di N. stesso, si colloca nell'agosto del 1881. L'affermarsi di nuovi temi comporta anche un mutamento stilistico rilevante, soprattutto in Also sprach Zarathustra (1883-85), caratterizzato da un tono a un tempo profetico ed enigmatico; insieme si fa sempre più forte l'annuncio del destino nichilistico della civiltà europea. Seguirono Jenseits von Gut und Böse (1886), Genealogie der Moral (1887), Der Fall Wagner (1888), Götzendämmerung (1889) e Nietzsche contra Wagner (1889). Di quest'ultimo periodo dell'attività di N. sono anche Antichrist e Ecce homo. Nel gennaio del 1889 le condizioni di N. si aggravarono decisamente, fino alla crisi di follia, sopraggiunta a Torino, dalla quale N. non si riprese più. Trascorse gli ultimi anni della sua vita affidato alle cure della sorella a Naumburg e della madre a Weimar. Rimase perciò incompiuta l'opera a cui N. intendeva affidare la formulazione ultima del suo pensiero e che comparve poi nel 1906 a cura della sorella e di P. Gast con il titolo Der Wille zur Macht; si trattava però di un'edizione condotta con criterî tutt'altro che rigorosi e a volte anche deformati, per cui l'opera destò molte perplessità e polemiche: solo più tardi si è giunti ad averne un'edizione critica.


PENSIERO


Nello studio dell'origine della tragedia, riprendendo motivi già presenti nel pensiero di Schopenhauer, N. porta a fondo l'attacco contro l'idealizzazione della Grecia "classica" che aveva avuto una funzione determinante nella formazione del romanticismo e dell'idealismo tedesco, e rovescia la valutazione corrente dell'arte e del pensiero greco: il suo periodo più importante non fu quello della maggior fioritura, ma quello degli inizî informi e grandiosi, testimoniato dal pensiero presocratico (un pensiero di filosofi che facevano corpo con la vita del loro popolo come i santi nel cristianesimo) e dalla tragedia di Eschilo e di Sofocle. L'interesse di N. per questo momento originario della civiltà greca e il radicale rovesciamento nella valutazione del suo corso non rispondevano però a criterî puramente filologici o eruditi, bensì all'esigenza di decifrare il senso dello sviluppo storico della cultura europea e della sua decadenza, polemizzando contro ogni illusione ottimistica o progressistica a carattere religioso o politico.


La storia dell'origine della tragedia e del passaggio dalla filosofia presocratica a quella socratica e platonica è infatti la storia dell'inizio della decadenza che ha in Euripide e in Socrate i suoi responsabili e i testimoni più significativi. Al senso doloroso e pessimistico della vita, simbolizzato da Dioniso, viene forzatamente sovrapposta una concezione fredda e rigida, simbolizzata da Apollo, della realtà. Nasce così quella contrapposizione tra mondo vero e mondo reale che, attraverso Platone e il cristianesimo, condizionerà lo sviluppo dell'intera civiltà europea imprimendole un carattere fatalmente nichilistico; e soprattutto nasce l'illusione decadentistica di curare i mali dell'uomo con la ragione e con la dialettica, ossia "dicendo di no" alla vita invece di esplicarne le più profonde potenzialità. Come forma ultima e più esasperata del dire di no alla vita deve essere considerata la "malattia storica" dominante nel secolo 19°, caratterizzato da un modo di vivere e di sentire da "epigoni".


Nella civiltà contemporanea prevale infatti, secondo N., la memoria e l'ossequio per il fatto compiuto come criterio di verità, mentre la vita può continuare e rinnovarsi soltanto in virtù dell'oblio. L'insistenza sulla memoria, sul legame con la storia che ci precede e condiziona, toglie, secondo N., ogni stimolo a un atteggiamento critico e attivo e porta gli uomini a vivere in un mondo irreale, un mondo di ombre come se non vi fosse più nessun'altra possibilità fuori di quelle offerte dalla "storia universale". In realtà, invece, la storia universale, intesa come concatenazione unitaria e rigorosa di eventi, non esiste, mentre esistono e hanno senso solo le emergenze individuali, le punte qualitative rappresentate dai grandi artisti e dalle grandi opere d'arte; non a caso per N. l'epoca più grande e più importante della storia moderna è il Rinascimento. La critica globale della civiltà europea come decadenza assume poi in N. aspetti sempre più radicali quanto più viene collegata alla critica del concetto di verità, intesa come qualcosa di completamente diverso da una conoscenza puramente oggettiva, e connessa sempre a bisogni vitali, a esigenze selettive. La verità infatti è una sorta di menzogna biologica necessaria, sulla quale non è possibile né lecito fondare nessuna dottrina metafisica o morale definitiva, assoluta o comunque oggettiva. Di qui una critica estremamente aspra e tagliente che scopre il carattere mistificatorio di tutti i valori che si sono presentati nella storia del pensiero e della civiltà. N. propone, cioè, una forma di pensiero radicale, capace di mettere in luce come i cosiddetti valori in realtà nascondano sempre qualcosa di diverso e di opposto a quanto professano e perciò debbano essere rovesciati. Proprio questo atteggiamento di assoluta ricerca della sincerità porta N. a un confronto diretto con il cristianesimo, che sfocia nella ben nota tesi della "morte di Dio". Il cristianesimo infatti ha diffuso nel mondo un principio etico (l'esigenza di verità, di veridicità, di sincerità) che da ultimo gli si è rivoltato contro e che porta a scoprire come il cristianesimo quale è stato impostato e diffuso non tanto da Cristo (paragonato da N. a Buddha e considerato come un ingenuo profeta dell'amore e dell'innocenza), quanto da s. Paolo, sia frutto di un atteggiamento giudicatorio nei confronti della vita, di risentimento e di contrapposizione di un "mondo che sta dietro il mondo" alla realtà di questo mondo in cui viviamo; tutte le virtù predicate dal cristianesimo sono pseudo-virtù e hanno portato a un rifiuto sempre più radicale della vita.


Peraltro, nel mondo moderno il Dio cristiano è "morto", poiché non riesce più a stimolare la capacità inventiva degli uomini, a guidarne la vita e a provocare la scoperta di nuovi valori, ma si pone come ostacolo a ogni forma di rinnovamento. La nozione nietzschiana di morte di Dio appare quindi molto diversa da ogni forma di ateismo tradizionale o comunque fondato su pure argomentazioni astratte, condotte in linea di principio; è piuttosto la conclusione di una valutazione storico-culturale complessiva che si esprime nella diagnosi nichilistica dell'intero decorso della civiltà greco-ebraico-cristiana. N. respinge infatti la tesi secondo cui il cristianesimo ha vinto sul paganesimo e sull'ellenismo perché rappresentava un rinnovamento ad opera di forze nuove e fresche rispetto a una civiltà decadente e consunta. Al contrario, il cristianesimo ha trovato via libera perché non ha fatto che divulgare e diffondere il nichilismo proprio della cultura e della filosofia greca postsocratica portandolo alle estreme conseguenze. Così è accaduto che a poco a poco il mondo "vero" sia diventato una favola, e cioè è venuta sempre meglio alla luce l'inconsistenza della concezione tradizionale della verità.


Se questo è l'aspetto negativo del nichilismo, ve n'è però uno positivo, nel senso che il nichilismo non è solo la testimonianza di una crisi, ma anche la coscienza del fatto che la crisi è diventata insostenibile e deve essere superata. Questo è precisamente il senso della predicazione di Zarathustra, che si presenta come "una corda tesa tra l'uomo e il superuomo", e cioè come l'annuncio del superamento dell'"ultimo" uomo, ossia dell'uomo della civiltà epigonica e nichilistica. Non ha senso infatti tentare un illusorio ritorno alla natura giacché l'intera struttura dell'uomo, compresa la sua vita animale e istintiva, è ormai profondamente deformata e distorta da millennî di civiltà; occorre piuttosto inventare una via d'uscita che non può essere mediata né dalla ragione (falsità biologica necessaria) né dalla storia (malattia epigonica) ma deve avere piuttosto i caratteri di una "mutazione", di un nuovo salto dell'uomo verso un livello più alto, analogo a quello che l'ha portato dal livello animale a quello attuale. Non basterà pertanto sostituire alle vecchie tavole di valori nuove tavole, ma si dovrà anzitutto distruggere radicalmente la nozione di uomo affermatasi nell'età moderna come se esistesse una pura soggettività; perciò è importante riscoprire il senso della corporeità, non come entità biologica soltanto, ma come insieme di potenzialità ancora inesplorate di un "sé" assai più ricco e complesso dell'"io" della filosofia cartesiana. In questo quadro polemico e programmatico insieme va pure inteso uno dei concetti più complessi e anche più fraintesi del pensiero di N., quello di "volontà di potenza".


La volontà di potenza non è infatti una semplicistica affermazione di sé a dispetto degli altri o un'esaltazione della forza e della sopraffazione, ma piuttosto la fiducia nella possibilità d'inventare radicalmente nuovi valori, dipendenti unicamente dall'iniziativa e dalla fantasia dell'uomo. Il concetto di volontà di potenza va quindi considerato in stretta connessione con la dottrina dell'"eterno ritorno dell'identico", la quale a sua volta non indica affatto un ordine fisico o metafisico di cui occorre semplicemente prendere atto; questa sarebbe ancora una prospettiva razionalistica e nichilistica, giacché implicherebbe che la realtà sottostà a uno schema analogo a quello voluto e cercato dalla razionalità umana.

Al contrario, la realtà in sé non ha nessun senso e nessun ordine e comincia ad averlo soltanto nella misura in cui l'uomo glielo conferisce dicendo di sì alla vita e volendo l'eterno ritorno dell'identico. È questo il celebre e complesso tema del volere a ritroso, ossia del radicale rovesciamento di ogni concezione fisica, metafisica o escatologica del tempo come successione lineare di attimi che vanno irreversibilmente dal passato al futuro. Come dice una celebre immagine di Also sprach Zarathustra, il tempo invece si diparte sempre dall'attimo secondo due linee opposte (passato e futuro) destinate a incontrarsi nell'eternità, e cioè il tempo non ha nessun principio e nessuna fine assoluti.

La critica nietzschiana intacca quindi le radici più profonde delle metafisiche e delle religioni dominanti nella civiltà europea, che pure rimangono nel quadro di una concezione unitaria antropologica e antropocentrica della realtà.






Frasi di Friedrich Wilhelm Nietzsche



L'architettura è una specie di oratoria della potenza per mezzo delle forme.




L'amicizia fra uomo e donna è possibilissima. Ma perché si mantenga e non degeneri, occorre che ci sia alla base una leggera antipatia fisica.




Chi ha un perché per vivere, può sopportare tutti i come.




Introdurre innovazioni nella lingua o usarla in modo antiquato, preferire il raro e il bizzarro, mirare ad arricchire anziché a limitare il proprio lessico, è sempre segno di un gusto immaturo o traviato




L’uomo è una corda tesa fra l’animale e il superuomo, una corda sopra un abisso.



Se fissi a lungo lo sguardo nell’abisso, anche l’abisso affonda lo sguardo in te.



Che cosa desideriamo noi vedendo la bellezza? Desideriamo di essere belli; crediamo che a ciò vada congiunta molta felicità. Ma questo è un errore.



La donna è stata il secondo errore di Dio.



Contro la malattia maschile del disprezzo di sé giova nel modo più sicuro l'essere amati da una donna intelligente.



L'amore è lo stato in cui l'uomo vede le cose più diverse da come sono.



Quel che si fa per amore, è sempre al di là del bene e del male.



Se uno ha molto da cacciarvi dentro, una giornata ha cento tasche.



Nella vendetta e nell'amore la donna è più barbarica dell'uomo.



La donna vorrebbe credere che l'amore sia capace di tutto; è la sua caratteristica superstizione.



Una bella donna ha qualcosa in comune con la verità: entrambe danno più felicità quando si desiderano che quando si posseggono.



E' falsa ogni verità che non susciti almeno una risata.



Maturità dell'uomo: significa aver ritrovato la serietà che da fanciulli si metteva nei giuochi.



Si ripaga male un maestro, se si resta per sempre scolari.



Meglio essere folle per conto proprio che saggio con le opinioni altrui.



A volte il valore di qualcosa non sta nel raggiungerla, ma in quello che si paga per essa.



Se vuoi gloria esercitati per tempo a vivere senza onori.



I grandi uomini sono necessari, l'epoca che li ospita è del tutto accidentale.



I nostri anni ruggenti sono quelli in cui abbiamo il coraggio di mostrare i nostri mali come ciò che abbiamo di più bello.



Si desidera l'indipendenza per la potenza, mai il contrario.



Il talento è anche un ornamento, un ornamento è anche un ottimo nascondiglio.




 




 




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