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Cosa parli, cosa scrivi se non hai mai lavorato?
Agenzia DN : “Mistico autunno” - Recensione di Remo de Ciocchis
Inviato da D.N. il 16/2/2024 7:40:00 (1851 letture)

“Mistico autunno” - Recensione di Remo de Ciocchis - Non avrei mai potuto immaginare che sarebbe stato scritto un libro che per lo più parli del grande innamoramento di una donna per me. E tanto meno che io avrei scritto una recensione a questo libro, perché da lei richiestami e per gratitudine.



“Mistico autunno” Recenzione Remo de Ciocchis
Prof. Remo de Ciocchis


E’ certamente un evento piuttosto raro che una donna scriva un libro di carattere autobiografico, che parli del grande innamoramento che ha provato per un uomo. E tanto più colpisce che sia stato scritto anche se questo amore non sia stato corrisposto. In genere si lasciano cadere nell’oblio delusioni o insuccessi, invece in questo caso la logica è diversa: l’importante non è che l’amore non sia stato corrisposto, ma che venga ricordato per la gioia di cui è stato sorgente, per gli straordinari sentimenti provati, per la bellezza e l’eccezionalità di quanto è accaduto, ma soprattutto perché i sogni sono parte importante della propria vita, per cui si sente il piacere, tramite lo scritto, di eternarli.
La donna di cui si parla è Lucia Stendardo,“il fiore”come lei preferisce denominarsi, e il suo libro è “Mistico autunno”.
Lucia Stendardo è un’ ex direttrice didattica, che si è impegnata non solo nella scuola, in un ambiente difficile come quello campano, ma anche in ambito sociale e politico, come militante radicale. Una donna dedita al bene che nella tarda età ha voluto raccontare in modo dettagliato e romanzato la sua vita, sotto il titolo “Del nostro esistere”, tanto è vero che il libro “Mistico autunno” è il nono da lei sinora pubblicato e tratta solamente di quattro intensi anni (1984-1988).
Il titolo del libro, costituito di 200 pagine e pubblicato per il Gruppo Editoriale L’Espresso 2016, vuol riassumere questa sua gioiosa e al contempo sofferta esperienza: “autunno”, perché essa è tramontata non avendo avuto un buon esito finale, e “mistico”, perché la persona, oggetto del suo amore era un mistico.
Devo dare atto a Lucia di aver colto veramente la mia vera vocazione, che è certamente religiosa e quindi aperta profondamente all’orizzonte di Dio e alla santità. Vengo in genere considerato come uno studioso e ciò è dovuto anche al fatto che io abbia con i miei libri, soprattutto archeologici, e con la mia qualifica di “Ispettore Onorario per i Beni Archeologici”, contribuito a dare di me un’immagine culturale.

Ma io, che ben mi conosco, posso affermare con certezza che l’esigenza più profonda della mia anima è quella mistica, come chiaramente compare nelle riflessioni del libro “Sulle orme dei Santi” e come si può constatare nelle tante preghiere sparse da me scritte e in quelle raccolte nel libro “Nelle tue mani, o Signore”. Il mio aspetto culturale è certamente secondario rispetto a quello religioso. C’è anche da dire che i miei interessi culturali sono anch’essi per lo più di carattere religioso (Tavola di Agnone, S. Francesco Caracciolo, Subiaco ecc.), per cui riaffermano la mia predisposizione spirituale mistica.
La copertina del volume di Lucia Stendardo “Mistico autunno” presenta un dolce e delicato dipinto: “Il risveglio del cuore” del francese William Bouguereau 1892.
La pubblicazione, ovviamente dedicata “A Remo, mistico amore,” è costituito di sette parti, di cui la seconda, la terza, la quinta, la sesta e la settima parlano dell’ amore di Lucia, mentre le altre parti ci informano della sua attività scolastica, della sua famiglia, delle sue riflessioni politiche e letterarie, della sua salute e di altre vicende della sua vita durante i quattro fatidici anni di cui parla il libro.
Lucia scrive in maniera poetica. Il suo periodare è sempre immerso in un clima fantastico, per cui gli avvenimenti hanno sempre una preziosità e suscitano curiosità. Un’atmosfera di ricerca d’armonia da lei ben conosciuta, come ascoltatrice appassionata della musica classica. Leggendo le pagine di “Mistico autunno”, si scopre che quando la dimensione estetica si unisce al senso soffuso di eticità e di religiosità aperta, che anima la sua spiritualità, si ha la sensazione di accostarsi a un mondo di dignità e di delicatezza.
La sua ampia autobiografia, costituita sinora di più volumi (Infanzia, Fanciullezza, Adolescenza, Prima gioventù, Seconda gioventù, Sposa, madre e maestra, Torrida estate, Spiragli di vita e Mistico autunno) evidenzia anzitutto il grande impegno profuso da Lucia per realizzarla, in buona parte favorito da notizie che lei ha avuto la pazienza di raccogliere durante la vita soprattutto su diari. Ma l’autrice ha trovato la forza per realizzare la sua opera anche nel convincimento sentimentale e autoreferenziale dell’importanza della propria esistenza, nonché nella consapevolezza della necessità di impegnarsi caparbiamente a fondo per raccontarla per intero nei libri e lasciarne per sempre memoria alla posterità.
Lucia ricorda in “Mistico autunno” il periodo in cui io mi feci fautore della costituzione di una comunità nonviolenta. Il mio desiderio era quello di non svolgere un’attività a favore del mondo da missionario individualista, che alla fine si sarebbe ritrovato solo, ma di svolgerla insieme ad amici nonviolenti che, oltre ad aiutarti a cambiare il mondo, ti avrebbero potuto soccorrere in caso di necessità, per cui non si rimaneva soli. La Comunità doveva essere un luogo di salvezza, fidando nell’aiuto degli amici nonviolenti, e anche di progettazione per modificare in bene la società. Doveva essere qualcosa di simile agli ashram gandhiani, alla Comunità dell’Arca di Lanza del Vasto o a certi ordini monastici cattolici. L’esperimento fu fatto da me, da Lucia Stendardo, da Nicola Terracciano e da Franco Mazziotta. L’iniziativa fallì per più di un motivo, che un giorno forse racconterò, tra cui ci fu anche l’interferenza del grande innamoramento di Lucia per me, mentre io provavo invece per lei solo stima e amicizia.
Lei ricorda gli incontri che noi quattro avemmo in quel periodo. Essi ebbero luogo sia nel 1985 che nel 1987-88.
Del 1985 il libro ricorda il primo incontro del 2 giugno 1985, quando visitammo S. Vincenzo al Volturno con la sua celebre Abbazia, e poi il più lungo viaggio a Paestum, Velia, Sapri, Maratea, Paola, Serra S. Bruno, Stilo e Sibari e quello più breve a Formia, Terracina, Grotta di Tiberio e Circeo.
Degli anni 1987-88 si ricorda la venuta di Lucia con la figlia ad Agnone, un altro incontro a Venafro, Isernia e Campitello di Roccamandolfi e infine quello di ‘Sabaudia’ e di Roccamonfina. Incontri ai quali sono stati sempre presenti coloro che avrebbero dovuto far parte della Comunità.
Il libro, proprio perché romanzato, riporta avvenimenti non con rigore storico. Anche se si nutre di avvenimenti realmente accaduti, talvolta ne dimentica qualcuno o fa dire di rado a qualche protagonista, cose non sempre esatte a causa di un non preciso ricordo. Ma in un libro autobiografico romanzato ciò non costituisce un problema, perché è la fantasia che imperversa. Diverso sarebbe il discorso se si trattasse di un libro con ordine e rigore storici, perché in quel caso è la verità storica che deve far da padrona.
Io non posso che provare gratitudine per l’immensa apertura del cuore di Lucia nei miei confronti. Voglio solo far comprendere la profondità del suo innamoramento, citando alcuni brani del libro, che mi hanno commosso:
“Serra san Bruno. Alba dell’8 luglio 1985. A Remo/geniale ed unico,/…dedico/ non soltanto il mio passato/ raccolto in questo volumetto,/somma di sofferti brani di vita/ e di parvenze d’amore,/ma anche il mio presente/ e il mio futuro/ in Assoluta Fedeltà d’Amore/fino alla morte,/anche se non saprà che farsene. /Lui o nessuno/Lucia”.
“Nel tempio della tua casa momenti di eternità. E l’immenso di Agnone è tutto nel cuore, che depongo ai tuoi piedi di santo”.
“Signore ,benedici Remo, che mi dà la luce vivificante della fede, la serena accettazione del presente, la sopportazione di ogni dolore e la speranza in un futuro migliore per tutti. Fa’ che potremo pregarti insieme, sino alla fine dei nostri giorni!”.
“Un essere come Remo, con la sua visione etica della vita, per il suo sconfinato amore per tutto ciò che di bello e di buono esiste, con la sua nonviolenza e la disponibilità verso gli ultimi, i diseredati, mi dà la certezza di poter realizzare una vita comunitaria, all’unisono con la persona che trovo nei suoi libri, sui quali medito in ginocchio, in preghiera”.
“Quando immagino la mia vita con te, mi sento vestita dell’abito della mia prima Comunione. Che io legga o scriva, che cucini o curi le aiuole, che ti pensi o ti ascolti, sempre è come pregassi o cantassi inni al Signore, benedicendo la vita”.
Sono solo questi alcuni assaggi tra i tanti prodotti da un cuore veramente innamorato
Il libro contiene anche due disegni fatti da Lucia che esprimono anch’essi l’atmosfera incantata in cui lei in quei tempi ha vissuto: il primo è intitolato ”Remi nella luce” (p. 58) e il secondo è un’ illustrazione di una poesia (pp.77-78). In questa illustrazione ella immagina me Nuovo Ciclope che scaglia la vetta pura, trasformatasi in scoglio, raffigurante Lucia che “ eco alle onde/ ricanterà senza mai fine /”You are my destiny”. E fuori della poesia a commento poi dice: “Se solo capisse di quanto amore io sia capace, mi amerebbe per tutto il resto della vita!”.
Cosa posso io dire di fronte a tanto amore per me? Innanzitutto sorge spontaneo nell’animo il sentimento della gratitudine, che vorrebbe in qualche modo ricompensare l’autrice dei sui grandi slanci amorosi. Dinanzi all’eccezionalità dell’evento non posso che ringraziare Lucia dal profondo del cuore, anche se sono convinto che la mia riconoscenza resta inadeguata al cospetto del suo infinito amore. Se una donna è giunta a tanto mi chiedo se io non sia stato un superficiale nel non accettare la sua immensa disponibilità di amore nei miei confronti. Il problema era che io non ero innamorato di lei, non mi sentivo attratto fisicamente e ciò non per colpa mia e né per colpa sua.
La Comunità che sognavo sarebbe certamente andata avanti se io mi fossi innamorato di Lucia, perché lei era forse delle quattro persone, che intendevano formarla, quella che si era gettata con maggiore entusiasmo in tale esperienza. Formando una coppia affiatata si sarebbe consolidato il primo anello della Comunità.
Ma non fu così. I slanci di Lucia nei miei confronti mi apparivano eccessivi ed esagerati, se non addirittura come degli sbandamenti, che mi creavano insicurezza. Non essendomi innamorato non riuscivo a cogliere la bellezza, la tenerezza e la delicatezza sia dei suoi pensieri che delle sue azioni, perché il mio animo non era aperto a desiderarli così profondamente come lei avrebbe voluto, e a capire le sue attenzioni e i suoi afflati amorosi. Non fu colpa di nessuno se il rapporto si avviò al tramonto autunnale e con esso si spezzò un anello significativo della Comunità che sognavo.
Di fronte alla solitudine di un amore non corrisposto, perché “amare senza essere amati è macerarsi, distruggersi”(p.5), l’autrice cerca una soluzione non facile, Tuttavia un po’ alla volta col tempo e con la forza del suo spirito e della sua dignità riesce a distaccarsi dal suo mistico amore e a ritrovarsi nel suo congeniale universo artistico. Infatti egregiamente ella alla fine sintetizza la sua storia e con parole poet
iche ci dice: “Tra vicende familiari, lavorative e politiche, il “fiore” contagiato da mistico amore, vive una sovrumana felicità, ignaro del crepuscolo che lo attende. Infine, quale araba fenice, rimossi i condizionamenti s’invola da ceneri ardenti… E rinascerà nell’ambito preferito: quello letterario”. E in questo suo nuovo ambito sublimato bisogna ritrovare la genesi di “Mistico autunno”.
Io conservo di questa esperienza le tante lettere e cartoline speditemi da Lucia, in particolare quelle che avevano la data sempre del 6 perché io ero nato il 6 dicembre, l’inginocchiatoio, che mi fece avere tramite Franco Mazziotta, la sua pubblicazione “Verrò con l’alba”, con l’immagine della scultura “Amore e psiche” di A. Canova, su cui scrisse la decisiva dedica di Serra S. Bruno, la regalata conchiglia col Cristo Redentore di Maratea, e qualcos’altro. Conserverò con sentimentale cura queste “reliquie” del suo grande amore.
Mi piace terminare questa mia insolita recensione con la poesia intitolata “ A Remo” che Lucia scrive a p. 168 del libro, che dimostra in maniera cristallina la profondità e la bellezza del suo sentimento d’amore: “E’ notte fredda, cupa, sibilante/ come la tua vissuta ad Agnone,/questa mia notte scossa dal vento/ del Tirreno invaso dal ciclone./ Abbiam lasciato da poco il camino/ scintillante faville e parole/ e nella casa solitaria immersa/ nei tuoi versi ritrovo me stessa:/ uniti siamo da un egual dolore,/da un lutto che è voragine nel cuore:/ nostalgia per i cari scomparsi,/ per la campagna, le api, il pergolato:/ Grumo per me, per te Fontesambuco./ Ma il rimpianto, il dolore, le memorie/ non sono fine a se stessi; fan la storia/ di anime che crescono alla Fede:/ chiedesti alla tua Mamma il dolce dono/ d’inondarti d’aroma del suo spirito/ perché potessi spargere d’intorno/ i semi dell’amore che ti diede./ E lei accorre, pronta a esaudirti:/ a piene mani t’inonda d’amore/ che coinvolge chi ti vuole bene/ e ti dà prova della sua esistenza/ oltre la morte, e del suo potere!/ Per questo io vedo in te un uomo santo/ che spande luce nei giorni più bui./ Per questo io son sicura che domani,/ carichi d’anni e di esperienze affini,/ c’incontreremo sul giusto cammino./ E in un eremo pregno d’infinito/ sarà il respiro di chi cerca Dio/ oltre l’ignoto, in contemplazione/ di zolla verde nata su chi muore, / di un cielo parlante nel mistero/ delle notti stellate, dei tramonti/ per giungere poi con animo giocondo/ a far parte dell’Eterno Vero.” 






 Remo de Ciocchis



 




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