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Salute e Benessere : HIV - Prevenzione - Il virus - L'HIV si trasmette per via sessuale, ematica e materno fetale
Inviato da Felice Guadagno il 11/9/2023 10:10:00 (3172 letture)

Stress donnaHIV, acronimo dall'inglese Human Immunodeficiency Virus, è il virus responsabile della sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS). È un retrovirus del genere lentivirus. In base alle conoscenze attuali, HIV è suddiviso in due ceppi: HIV-1 ed HIV-2.



Il primo dei due è prevalentemente localizzato in Europa, America ed Africa centrale. HIV-2, invece, si trova per lo più in Africa occidentale ed Asia e determina una sindrome clinicamente più moderata rispetto al ceppo precedente.



Tra le modalità di rapporti sessuali, quello anale viene considerato più a rischio di infezione. Ciò perché la funzione di barriera dell'intestino nella zona anale è piuttosto bassa, essendo quest’ultimo costituito da una membrana piuttosto sottile. Visione stilizzata di una sezione del virusStruttura semplificata dell'HIVSia HIV-1 che HIV-2 sono in grado di infettare le cellule che presentano sulla loro membrana il recettore CD4. Ai fini dell'ingresso nella cellula CD4 da solo è insufficiente ed il virus si deve legare ad un altro recettore. Queste ultime sono molecole appartenenti alla famiglia dei recettori con sette domini transmembrana accoppiati con la proteina G




Si è visto che HIV è in grado di infettare produttivamente i seguenti tipi cellulari: linfociti, macrofagi, cellule della microglia e cellule dendritiche. Da alcuni esperimenti si è avanzata l'ipotesi che esso possa infettare anche i timociti ed i precursori midollari forse appartenenti alla linea mieloide-monocitica. Anche gli astrociti subiscono l'infezione da parte di HIV sebbene essa non sia produttiva. Al momento non è dimostrato che anche i neuroni possano venir infettati dal virus.




Dopo che il virus è penetrato nella cellula il suo RNA viene trascritto come DNA ad opera della trascrittasi inversa e successivamente viene integrato nel genoma della cellula ospite dall'integrasi virale. Una volta che il genoma virale si è integrato in quello dell'ospite può rimanere inattivo dal punto di vista trascrizionale per un periodo di tempo compreso tra mesi od anni.











Replicazione (fase attiva) di un virus all'interno di un linfocita.





L'input che dà l'avvio alla trascrizione del genoma virale si suppone sia costituito dall'insieme di stimoli che possono attivare la cellula infetta: antigeni, citochine o anche infezioni da parte di altri virus. Ciò avviene in quanto la trascrizione dei geni di HIV è strettamente dipendente da quella dei linfociti infetti. Ciò è stato confermato da vari esperimenti nei quali si è visto che la stimolazione di linfociti o macrofagi infetti con diversi tipi di citochine è in grado di favorire la trascrizione dei geni virali nonché quelli della cellula ospite.




L'espressione dei geni virali viene divisa in due fasi: precoce e tardiva. Nella prima vengono espressi i geni regolatori mentre nella seconda quelli strutturali. I geni regolatori, di cui i più noti sono Tat, Nef e Rev e la cui sintesi avviene nel citoplasma grazie ad eventi di splicing molteplici, consentono l'amplificazione della trascrizione genica ad opera della RNA polimerasi cellulare di tipo II e la stabilizzazione degli RNA messaggeri creati successivamente. Nella fase tardiva avviene la sintesi dei geni strutturali i cui trascritti vengono portati nel citoplasma e lì sottoposti ad un solo splicing ed infine tradotti in proteine. È a questo livello che interviene la proteina rev che, come espresso precedentemente, si lega ai trascritti e ne facilita il trasporto nel citoplasma.



 Modalità di trasmissione 

Il virus presenta diverse modalità di trasmissione. La trasmissione sessuale, la trasmissione ematica, quella parenterale ed infine quella verticale (madre-figlio). La più diffusa (85%) è quella sessuale seguita dal contatto con sangue od emoderivati infetti. Nei paesi in via di sviluppo particolarmente importante è la trasmissione verticale; questa può avvenire sia durante la gravidanza per passaggio trans-placentare (20-40%), sia durante il parto (40-70%) ed infine nell'allattamento (15-20%). Vanno infine ricordati i rischi derivanti dall'uso di materiale medico-dentistico non sterilizzati e dal contatto del personale sanitario o di laboratorio con campioni infetti.




La trasmissione sessuale è attualmente la modalità più diffusa di infezione. Agli inizi dell'epidemia gli omosessuali erano la categoria esposta ma attualmente l'infezione è prevalente tra gli eterosessuali che in molti paesi costituiscono gli individui più a rischio. Il virus si isola dal fluido seminale o come particella libera od all'interno delle cellule mononucleate. Si è visto che esso aumenta nel caso di stati infiammatori coinvolgenti i genitali a seguito del richiamo di elementi del sistema immunitario. HIV si identifica inoltre nello striscio cervicale e nel fluido vaginale.




Tra le modalità di rapporti sessuali, quello anale viene considerato più a rischio di infezione. Ciò perché la funzione di barriera dell'intestino nella zona anale è piuttosto bassa, essendo quest’ultimo costituito da una membrana piuttosto sottile. A seguito di ciò è molto più facile traumatizzare l'epitelio anale durante un rapporto creando così delle lacerazioni più o meno grandi che facilitano l'inoculazione del virus. Non è neppure escluso che si possano infettare direttamente le cellule di Langerhans della mucosa od altri elementi suscettibili (es. le cellule immuni delle placche del Peyer) senza che siano avvenute lacerazioni traumatiche della mucosa.




Il rapporto vaginale è meno a rischio di quello anale, in quanto l'epitelio vaginale è più spesso e più resistente ai traumi. La donna ha comunque un rischio venti volte maggiore di infettarsi rispetto ad un uomo e il maggior rischio di infezione delle donne sembra da imputarsi al fatto che il fluido seminale infetto rimane nell'organismo femminile piuttosto a lungo.




Infine è da considerare che tutte le infezioni che provocano ulcerazione dei genitali aumentano la suscettibilità nei confronti di HIV. Il rapporto orale è probabilmente tra tutti quello meno a rischio anche se sono stati documentati casi di infezione anche attraverso tale modalità.




Un altro veicolo di trasmissione assai importante, soprattutto nei paesi a più alto tenore di vita è il sangue ed i suoi derivati. Le categorie a rischio per infezione tramite il sangue e gli emoderivati sono i tossicodipendenti che usano droghe per via endovenosa condividendo la stessa siringa tra più persone e gli individui soggetti a trasfusione.




Attualmente il rischio d'infezione tramite emoderivati è stato drasticamente ridotto tramite l'uso di procedure di screening su tutti i campioni e al trattamento con processi virucidici sui prodotti emoderivati.




Il virus è propagabile in modo verticale attraverso il contagio madre-figlio. Per lo più si ritiene che ciò avvenga nel periodo perinatale, in particolare al momento del parto durante il quale il bambino può entrare in contatto col sangue materno durante il tragitto nel canale del parto. Tuttavia sono stati anche registrati casi limitati in cui l'infezione era già avvenuta nel primo o secondo trimestre. Al fine di ovviare al possibile contagio si è ricorso al parto cesareo che ha dimostrato una riduzione importante del rischio di trasmissione al bambino. Sono stati messi anche a punto dei protocolli con la zidovudina da assumere dopo il secondo trimestre e che hanno anch’essi dimostrato una sensibile diminuzione del tasso di trasmissione dal 22,6% al 7%.




Si è anche documentata la possibilità di infezione madre-figlio attraverso il latte od il colostro materni ed effettivamente il virus si può ritrovare in entrambi i fluidi. Questo comporta l'avvertenza di evitare l'allattamento al seno per tutte le madri contagiate dal virus. Ciò comporta dei problemi soprattutto nei Paesi in via di sviluppo in cui l'allattamento materno è spesso l'unica fonte di sopravvivenza e di protezione dalle infezioni per il neonato. 



Una volta conosciute le vie di trasmissione la prevenzione è conseguente.




L'HIV si trasmette per via sessuale, ematica e materno fetale. Perché il contagio avvenga è necessario che lo sperma, il liquido vaginale o il sangue della persona infetta venga a contatto con il sangue della persona non infetta. La via di trasmissione naturale è quella sessuale. La trasmissione ematica prevede l'intervento di un qualche strumento come l'uso di siringhe sporche di sangue di altre persone o trasfusioni di sangue o comunque uso di strumenti contaminati da sangue che vengono a contatto con il sangue della persona non infetta.



Prevenzione della trasmissione per via sessuale:




A parte la totale astinenza è il preservativo, usato correttamente e dall'inizio della penetrazione, il mezzo più sicuro per la prevenzione delle malattie a trasmissione sessuale (aids compreso) e delle gravidanze indesiderate. In commercio oggi si trova anche un preservativo di poliuretano per quella piccolissima parte di popolazione allergica al lattice di gomma. Il preservativo, essendo uno strumento, ha bisogno di essere usato correttamente ed è quindi indispensabile che se ne insegni l'uso. Il momento migliore è parlarne ai ragazzi/e prima dell'adolescenza, prima ossia della possibilità di rischio (come del resto si fa anche per le vaccinazioni, si vaccinano le persone prima dell'esposizione al rischio). Se si riesce ad associare pensieri positivi con l'immagine del preservativo sarà più facile essere sicuri che poi verrà usato, se i ragazzi/e collegano il preservativo a qualcosa di ancora misterioso per loro, ma certamente bello e desiderabile come il rapporto sessuale, quando inizieranno ad avere rapporti sessuali più facilmente vi sarà di riflesso l'uso del preservativo.



Prevenzione della trasmissione per via ematica:




non usare siringhe, aghi, lamette o qualsiasi altro tagliente già usati da altri, usare solo materiale monouso o sterilizzato;

richiedere l'autotrasfusione per qualsiasi intervento programmato a cui ci si dovesse sottoporre (questo oltre a rendere l'eventuale trasfusione assolutamente sicura per la persona, riduce anche il fabbisogno di sangue della banca del sangue e quindi permette una selezione maggiore sui donatori, rendendo così sempre più sicure le trasfusioni necessarie in caso di emergenza);

controllare sempre che gli strumenti taglienti o perforanti cui veniamo sottoposti siano sterili (strumenti del dentista, strumenti per tatuaggi e piercing, strumenti per pedicure-manicure, etc. - non è difficile, basta controllare che gli strumenti vengano aperti in nostra presenza).



Prevenzione della trasmissione per via materno-fetale:




evitare la gravidanza in caso di sieropositività: sottoporsi all'esame per il test sulla ricerca degli anticorpi anti-HIV in desiderio di gravidanza o nei primi tre mesi della stessa, anche il partner o i partner devono ugualmente sottoporsi al test, nel caso in cui uno dei partner risultasse positivo evitare la gravidanza od interromperla.

Nei paesi in cui sono disponibili i farmaci antiretrovirali l'assunzione degli stessi (secondo un particolare schema) può diminuire la percentuale di trasmissione materno-fetale, la possibilità di trasmissione non è però annullata. Nei paesi in cui i farmaci non sono ancora disponibili è immorale offrirli solo alle donne per diminuire la possibilità di trasmissione materno-fetale e poi non darglieli più, in questo caso all'iniquità del mancato accesso ai farmaci si aggiunge anche l'atrocità di "produrre orfani".




 Terapia 

Tra le varie fasi del ciclo vitale del virus quelle più facilmente aggredibili da farmaci sono la retrotrascrizione e le modifiche post-traduzionali a cui vanno incontro le proteine virali neoformate. I farmaci tutt'ora disponibili sono:




inibitori della trascrittasi inversa (NRTI, NNRTI);

inibitori della proteasi (IP);

inibitori della fusione;

inibitori dell'integrasi;

inibitori del co-recettore.

Tali prodotti vengono adoperati in terapia in combinazione tra loro per evitare di produrre virus resistenti ai farmaci, per la stessa necessità e d'obbligo un'aderenza fedele da parte paziente al trattamento.




Obiettivo della terapia farmacologica è quello di impedire la replicazione virale nell'organismo (e non l'eradicazione completa dell'infezione che rimane cronica) così da ridurre i danni provocati al sistema immunitario e consentire una sopravvivenza ed una qualità di vita certamente maggiore.

Attualmente è disponibile anche un farmaco appartenente alla classe degli inibitori della fusione che, agendo sulla gp41 di HIV impedisce la fusione del pericapside virale e la membrana esterna della cellula impedendo l'entrata del virus.




Inoltre, due nuove classi di farmaci, gli antagonisti del co-recettore CCR-5 e gli inibitori dell'integrasi, sono state da poco approvate per l'uso clinico.




Tutti i vaccini in fase di sperimentazione non sembrano dare risultati confortanti. Gli scienziati concordano nel dire che occorre dare nuova linfa a questo settore della ricerca. È chiaro che tutt'ora non esiste una terapia che eradica completamente l'infezione, di conseguenza è di fondamentale importanza la prevenzione.




Si deve anche ricordare che, subito dopo una possibile esposizione al virus, allo scopo di ridurre la probabilità di contagio, è possibile sottoporsi ad un trattamento farmacologico noto come profilassi post-esposizione ad HIV.




 




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