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Salute e Benessere : AIDS e HIV: sintomi, cause, test e trasmissione
Inviato da Giuseppe Ricci il 23/12/2023 8:20:00 (11837 letture)

ConchigliagifHIV può essere trasmesso attraverso il diretto contatto con il sangue o con i liquidi del corpo di qualcuno che è stato infettato dall’HIV, il contatto di solito avviene scambiandosi aghi o avendo rapporti sessuali non protetti con una persona infetta. Un neonato può contrarre l’HIV dalla madre che è infetta.



coppiagifdonnagifIntroduzione



AIDS (Acquired Immune Deficiency Syndrome) sta per sindrome da immunodeficienza acquisita, una malattia che rende difficile al corpo contrastare le altre malattie infettive.




Il virus da immunodeficienza umana, conosciuto come
HIV, causa l’AIDS infettando e danneggiando parte delle difese del corpo contro le aggresioni esterne, i linfociti, in particolare, che sono un particolare tipo di globuli bianchi che nel sistema immunitario hanno il compito di scacciare i batteri e virus invasori.




L’HIV può essere trasmesso attraverso il diretto contatto con il sangue o con i liquidi del corpo di qualcuno che è stato infettato dall’HIV, il contatto di solito avviene scambiandosi aghi o avendo rapporti sessuali non protetti con una persona infetta. Un neonato può contrarre l’HIV dalla madre che è infetta.




Sebbene esistano delle cure per l’HIV e l’AIDS, non esistono vaccini o medicine risolutive; esistono dei comportamenti che, se assunti, permettono di prevenire il contagio.




Il virus HIV attacca specifici linfociti, chiamati cellule T-helper (conosciute anche come cellule T), prende il sopravvento su di esse e si moltiplica. Questo processo continuo distrugge altre cellule T, compromettendo cosi la capacità del corpo di reagire ad insulti esterni attraverso il sistema immunitario.




Quando il numero di cellule T diminuisce considerevolmente, le persone con HIV sono più predisposte ad altre infezioni e potrebbero contrarre alcuni tipi di cancro che un corpo sano normalmente sarebbe capace di combattere. Questa ridotta immunità (immunodeficienza) è conosciuta come AIDS e potrebbe trasformarsi in gravi infezioni minacciose per la vita, alcune forme di cancro ed il deterioramento del sistema nervoso. Sebbene l’AIDS sia sempre il risultato di un infezione da HIV, non tutti quelli che hanno contratto l’HIV hanno l’AIDS. In realtà, gli adulti che hanno contratto HIV possono sembrare sani per anni prima che si ammalino di AIDS.


Diffusione



http://it.wikipedia.org/wiki/File:HIV_Epidem.png




Il primo caso di AIDS fu riportato nel 1981, ma la malattia potrebbe essere esistita da tanti anni senza essere isolata o riconosciuta. L’infezione da HIV che porta all’AIDS è una  delle principali cause di malattie e morte tra bambini, adolescenti e adulti in tutto il mondo. L’AIDS è stata la sesta causa principale di morte negli Stati Uniti tra i 15 e i 20 anni di età dal 1991.




In anni recenti la percentuale di infezioni da AIDS è aumentata tra gli adolescenti e i giovani, la metà di tutte le nuove infezioni da HIV negli Stati Uniti si presenta in persone al di sotto dei 25 anni; migliaia di adolescenti contraggono l’HIV ogni anno. La maggior parte dei nuovi casi di HIV nelle persone più giovani provengono da rapporti sessuali non protetti, ed un terzo tramite lo scambio di aghi sporchi, con sangue infetto.




Tra i più giovani invece la maggior parte dei casi di AIDS. e quasi tutte le nuove infezioni da HIV, sono causati dalla trasmissione del virus HIV dalla madre al bambino durante la gravidanza, la nascita o attraverso l’allattamento al seno.




Fortunatamente i farmaci attualmente somministrati alle donne incinta sieropositive hanno ridotto la percentuale di trasmissioni di HIV da madre a figlio. Questi farmaci sono anche usati per rallentare o ridurre alcuni effetti della malattia nelle persone già infette, sfortunatamente queste cure non sono facilmente disponibili in tutto il mondo, soprattutto nei paesi più poveri gravemente colpiti dall’epidemia. La possibilità di accesso a queste cure salva vita è diventata una questione di importanza mondiale.


Sintomi




L’infezione da HIV passa essenzialmente attraverso 4 stadi principali:



  1. incubazione,

  2. infezione acuta,

  3. periodo di latenza,

  4. AIDS.




L’iniziale periodo di incubazione, totalmente asintomatico (privo cioè di sintomi) dura mediamente da 2 a 4 settimane dal momento del contagio.




Il secondo stadio, l’infezione acuta, dura in media 28 giorni (ma in genere meno) e si manifesta in alcuni casi attraverso sintomi di tipo influenzale:



  • febbre,

  • linfoadenopatia (ingrossamento dei linfonodi),

  • faringite (mal di gola),

  • rash (manifestazioni cutanee),

  • mialgia (dolore muscolare),

  • malessere,

  • piccole piaghe in bocca e nell’esofageo.




Più raramente compaiono anche:



  • mal di testa,

  • nausea e vomito,

  • ingrossamento del fegato/milza,

  • perdita di peso,

  • mughetto,

  • sintomi neurologici.




Pochissimi casi al mondo sono stati connessi con lo sviluppo di una paralisi facciale.




La terza fase diventa nuovamente priva di sintomi e può durare da 2 settimane a 20 anni ed oltre, fin quando sopraggiunge la fase dell’AIDS con sviluppo di infezioni e tumori di varia natura (polmonite, micosi, …)




Gli adolescenti e gli adulti che contraggono l’HIV spesso non mostrano alcun sintomo al momento in cui contraggono l’infezione.





Potrebbero passare 10 anni o più prima che si manifestino i sintomi.





Nell’arco di questo tempo possono trasmettere il virus senza nemmeno sapere di averlo.







Appena i sintomi dell’AIDS si manifestano possono includere:



  • rapida perdita di peso,

  • febbre

  • forte stanchezza,

  • linfonodi ingrossati,

  • diarrea persistente,

  • agitazione e sudorazione notturna,

  • tremore,

  • polmonite.




Saranno a questo punto più soggetti ad infezioni che mettono in pericolo la vita: infezioni opportunistiche come la polmonite, varie forme di tumore come il Sarcoma di Kaposi, tumori del cervello e linfomi.


Sintomi nei neonati




Sebbene possano non esserci segni fisici immediati dell’infezione da HIV alla nascita, questi segni di infezione potrebbero comparire nel giro di 2 o 3 mesi dopo che il bambino è nato. I bambini nati con HIV possono sviluppare infezioni opportunistiche , che sono malattie in grado di  manifestarsi solo in sistemi immunitari indeboliti, come la polmonite Pneumocysti carinii (PCP).




Un bambino con HIV potrebbe anche avere attacchi più gravi di altre infezioni comuni dell’infanzia, come l’infezione del virus Epstein-Barr (EBV), che generalmente causa malattie leggere nella maggior parte dei bambini. Nei paesi in via di sviluppo la tubercolosi è un problema particolarmente comune e spesso la causa di morte di bambini e adulti.




Un bambino nato con l’infezione da HIV molto probabilmente sembrerà sano, ma nel giro di 2 o 3 mesi dalla nascita potrebbe iniziare ad apparire malato, con insufficiente aumento di peso, ripetute infezioni da fungo alla bocca (mughetto), linfonodi ingrossati, fegato o milza ingrossati, problemi neurologici ed infezioni batteriche multiple, compresa la polmonite.


Trasmissione




L’HIV viene trasmesso attraverso il diretto contatto con il sangue o i liquidi corporei di qualcuno che è affetto dal virus, i tre modi principali con cui l’HIV viene trasmessa ad un ragazzo molto giovane sono:



  1. mentre il bambino si sviluppa nell’utero della madre (intrauterino),

  2. al momento della nascita,

  3. durante l’allattamento.




Tra gli adolescenti il virus è più comunemente diffuso attraverso comportamenti ad alto rischio, e cioè:



  • rapporti sessuali non protetti (sesso orale, vaginale o anale),

  • scambio di aghi usati per iniettare steroidi o droga, tatuaggi e body art.




In casi molto rari l’HIV viene anche trasmesso attraverso il diretto contatto con una ferita aperta di una persona infetta (il virus potrebbe introdursi attraverso un taglio o una lacrima nel corpo di una persona sana) e attraverso le trasfusioni di sangue.


Trasmissione sessuale



Il virus dell’HIV si trova in quantità significativamente importante nel:



  • sangue,

  • liquido pre-eiaculatorio e sperma,

  • fluido vaginale,

  • latte materno.




Mentre la saliva non contiene una quantità significativa, a meno di presenza di problemi in bocca che determinino per esempio la fuoriuscita di sangue.




Tutte le mucose dell’organismo sono esposte a rischio di contagio:



  • glande e cute interna del prepuzio (parti anatomiche del pene),

  • vagina,

  • congiuntiva dell’occhio,

  • interno dell’ano,

  • narici e interno del naso,

  • bocca.




Da un punto di vista molto generale possiamo considerare come atteggiamenti sessuali sicuri la masturbazione reciproca, abbastanza sicuri i rapporti protetti da preservativi ed i baci, mentre è ovviamente ad alto rischio un rapporto completo non protetto.




Se durante un rapporto il preservativo si rompesse non c’è modo di annullare il rischio, ma per diminuirlo il più possibile è necessario:



  • Uomo: Interrompere subito il rapporto, lavarsi accuratamente il pene e cercare di urinare;

  • Donna: Non è chiaro se una lavanda vaginale immediata sia benefica od aumenti il rischio di contagio per alterazione del pH vaginale.

  • Se lo sperma o il sangue mestruale finisce in bocca è importante non ingerire ma sputare subito, per sciacquarsi poi accuratamente la bocca.




Più nel dettaglio vediamo il grado di rischio di diverse pratiche sessuali:


Rischio Nullo



  • Rapporti personali, familiari e sociali (abbracciarsi, baciarsi sulla guancia, stringere la mano, condivisione di bicchieri e posate, condivisione del letto o dell’asciugamano, condivisione pettine o spazzola, starnuti o colpi di tosse, giochi di contatto a scuola, … E’ invece da evitare la condivisione di spazzolini da denti e rasoi.).

  • Contatto con sudore.

  • Contatto con lacrime.

  • Bacio (Rischio basso in caso di gengiviti, parodontopatie e ferite sanguinanti).

  • Leccare il corpo del partner, ad esclusione delle parti intime, sia per chi riceve che per chi agisce.

  • Masturbazione maschile per entrambi i soggetti, attivo e passivo. (L’eiaculazione nella mano o su altre parti non intime del corpo non comporta alcun rischio, perché la pelle è una efficace barriera protettiva. E’ ovviamente necessario lavarsi accuratamente le mani o la parte del corpo con traccie di sperma prima di tornare a toccare le parti intime od altre mucose come la bocca e gli occhi. In presenza di mani con pelle non del tutto integra il contatto con lo sperma ha rischio basso.)

  • Masturbazione femminile dal punto di vista di entrambi i soggetti, attivo e passivo (in presenza di mani con pelle non del tutto integra si ha rischio basso).


Rischio Basso



  • Fellatio passiva (porre il pene in bocca al partner): il rischio nasce solo nel caso di ferite aperte e sanguinanti in bocca al partner.

  • Cunnilingus passivo (ricevere stimolazione della vagina con la lingua): il rischio nasce solo nel caso di ferite aperte e sanguinanti in bocca al partner.

  • Cunnilingus attivo (stimolazione della vagina con la lingua); rischio superiore per il soggetto attivo, la probabilità di contagio aumenta sensibilmente nel caso di mestruazioni e/o presenza di gengiviti, ferite, … in bocca.

  • Anilingus (rapporto orale “bocca-ano”) Rischio nullo o molto basso per chi lo riceve (anche se ci sono dubbi in proposito, in condizioni particolari il rischio può diventare non trascurabile), rischio basso o molto basso per il soggetto attivo a seconda delle fonti consultate (naturalmente le probabilità di contagio cambiano di conseguenza nel caso di sanguinamento orale/anale).


Rischio Medio



  • Fellatio attiva (accogliere il pene in bocca) senza eiaculazione in bocca.


Rischio Alto



  • Rapporto vaginale, dal punto di vista maschile. (Nel caso di presenza di mestruazioni il rischio aumenta sensibilmente)

  • Eiaculazione sulla faccia per il soggetto che viene a contatto con lo sperma (nel caso di contatto del liquido seminale con la mucosa della bocca e degli occhi).

  • Fellatio attiva (accogliere il pene in bocca) con eiaculazione in bocca.


Rischio Altissimo



  • Rapporto vaginale dal punto di vista femminile, il rischio è maggiore per la presenza di sperma in vagina per molte ore/giorni.

  • Rapporto anale, per entrambi i partner (anche se il rischio per il partner passivo è più che doppio).




Si ricorda infine che, oltre all’AIDS, a seguito di rapporti sessuali od altri tipi di contatti si possono contrarre numerose altre malattie.


Test




Il test attualmente più utilizzato per rilevare un eventuale contagio da HIV è il test “HIV Ab”, in grado di rilevare la presenza di anticorpi prodotti dall’organismo in risposta al virus. Di norma il test HIV Ab viene eseguito con il metodo ELISA, per questo motivo di solito si parla genericamente di test ELISA.



Quando può essere eseguito il test? Dopo quanto tempo dal rapporto?

Questo test non può essere eseguito subito dopo il possibile contagio.




Nel momento in cui il virus contagia l’ospite, questo non è in grado di produrre immediatamente gli anticorpi; si parla quindi di periodo finestra in cui il contagio è avvenuto, è possibile contagiare nuovi partner, ma non si sono ancora formati gli anticorpi (non si è ancora sieropositivi ma, ripetiamo, si è già contagiosi).




Il periodo finestra dura mediamente da 4 a 6 settimane per il test ELISA di vecchia generazione (Ministero della Sanità), tecniche più recenti permettono di accorciarlo fino a 22 giorni, tuttavia in alcuni soggetti possono passare fino a 6 mesi prima che venga prodotta una quantità rilevabile di anticorpi; oltre il 99% dei contagi sono però rilevabili dopo 3 mesi e, un periodo di 6 mesi, è sì possibile ma raro e consente di includere tutti i soggetti (recentemente le linee guida italiane ritengono definitivo il test a 3 mesi, ma alcuni organismi internazionali come l’OMS suggeriscono la rara possibilità di sieroconversioni tardive).




Durante questo periodo il test ELISA è quindi negativo (nonostante si sia stati infettati), anche se in realtà il soggetto è stato contagiato. Per considerare definitivo il risultato è quindi necessario ripetere il test a 3 mesi dal rapporto a rischio, generalmente l’iter seguito è il seguente:



  1. Il primo test viene eseguito dopo un mese (oltre cioè la durata media del periodo finestra): questo permette di riprendere tranquillità in caso di esito negativo o di agire precocemente in caso di esito positivo.

  2. Un secondo test è effettuato dopo 3 mesi: un esito negativo ha valore definitivo.

  3. L’esito a 6 mesi in Italia non è in genere più richiesto, occasionalmente può essere suggerito solo nel caso di rapporto o comportamento a rischio con un soggetto sicuramente sieropositivo.




In genere a seguito di un test Elisa positivo si procede con un test di conferma basato su una tecnica diversa.




Nella maggior parte dei Centri italiani è possibile effettuare il test in completo anonimato, nei restanti per legge il test ed il risultato sono strettamente confidenziali; nelle strutture pubbliche inoltre il test è gratuito.


Test precoci




Sono sempre più diffusi ed utilizzati dei test precoci, per esempio il test dell’antigene p24, in grado di fornire un risultato praticamente definitivo ben prima dei classici 3 mesi; si consiglia in ogni caso di affidarsi al giudizio di un medico esperto in malattie sessualmente trasmesse, che guiderà nella scelta dei modi e dei tempi da seguire per arrivare ad una corretta esclusione o diagnosi della malattia.


Durata




Non esistono al momento cure per la guarigione dall’HIV o dell’AIDS: i bambini che contraggono l’HIV alla nascita sviluppano AIDS prestissimo e tendono ad avere complicazioni più gravi rispetto agli adulti con il virus.




Sebbene tutti i bambini, gli adolescenti e gli adulti con l’HIV alla fine si ammaleranno, recenti progressi medici hanno significativamente apportato un aumento della possibilità di sopravvivenza. Le cure con i farmaci permettono alle persone di vivere con l’HIV senza i sintomi più a lungo e possono migliorare la qualità della vita delle persone con AIDS.




L’HIV si trasforma in AIDS in un tempo variabile, dipendente dal virus dall’ospite e da fattori ambientali; la media è attorno ai 10 anni, ma non devono stupire periodi più brevi o più lunghi.




La sopravvivenza media con terapia antiretrovirale è di 4-5 anni dal momento della diagnosi di AIDS conclamato (e quindi non dalla condizione di sieropositività). Senza il supporto terapeutico la morte sopravviene entro un anno. La maggior parte dei pazienti muore per infezioni opportunistiche dovute al progressivo indebolimento del sistema immunitario.




Un recente studio pubblicato sul British Medical Journal fissa nuovi termini di sopravvivenza: un ventenne che si infetta oggi può sperare di riuscire a vivere fino a 66 anni se maschio e 76 anni se femmina ed i progressi negli ultimi anni sono dovuti ai progressi della terapia ed alla possibilità di diagnosi precoce.




E’ infine stato confermato che il momento in cui si inizia la terapia antiretrovirale ha un impatto decisivo sull’aspettativa di vita:

quanto più è precoce tanto più è probabile rallentare la progressione della malattia.






Le informazioni contenute in questo articolo non devono in alcun modo sostituire il rapporto dottore-paziente; si raccomanda al contrario di chiedere il parere del proprio medico prima di mettere in pratica qualsiasi consiglio od indicazione riportata.



 




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