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Redazione di Dimensione Notizia
Nutrizione : La corsa: consumi energetici
Inviato da Mary Petrella il 6/1/2024 8:10:00 (2825 letture)

Mela1Conoscere i consumi della corsa è di fondamentale importanza poiché il consumo calorico quotidiano dipende anche da quanto viene bruciato con l'attività fisica; la corsa è sicuramente una delle attività migliori per il dimagrimento proprio perché la sua resa in termini di calorie bruciate/tempo a disposizione è altissima.





Occorre subito dire che i consumi della corsa non dipendono dalla velocità a cui si corre. Questa errata convinzione è motivata dallo scambiare la potenza del gesto atletico (il lavoro nell'unità di tempo) con il lavoro svolto. Un atleta che percorre 20 km in un'ora impiega la metà del tempo rispetto a un atleta che va a 10 km/h (cioè il primo atleta è più potente), ma il lavoro svolto e le calorie bruciate sono le stesse, se i due atleti hanno lo stesso peso.



La formula



Per quanto riguarda la determinazione dei consumi della corsa, esistono ormai risultati consolidati che non è il caso di mettere in discussione per poche e non significative differenze.

Le tabelle classiche più evolute (come quella di McArdle) tengono conto del peso del soggetto, tutto ciò in accordo con i calcoli teorici che danno un'o
an2ttimizzazione nella corsa di grandi campioni a 0,9 kcal per kg di peso al km. Si può utilizzare l'approssimazione di Margaria di 1 kcal per ogni kg di peso e per ogni km percorso, cioè il consumo della corsa può essere calcolato facilmente a partire dal peso e dalla distanza percorsa. Se C è il consumo in calorie, P il peso in chilogrammi e d la distanza in chilometri:



C=k*P*d.



Dove k è una costante che varia da individuo a individuo e indica l'efficienza della sua corsa. Varia fra 0,8 e 1,2 (più è alta e meno la corsa è efficiente), ma per un gran numero di soggetti è vicina all'unità, tant'è che si può appunto utilizzare la sopracitata approssimazione di Margaria (k=1) che dà:



C=P*d.



Occorre notare che il k è tanto maggiore quanto minore è il grado di allenamento del soggetto; un principiante ha spesso un k di 1,2.

Il carburante - Ben più interessante è la considerazione sul carburante utilizzato dall'atleta; classicamente si ritiene che l'atleta usi normalmente i carboidrati e che solo a velocità basse intervenga l'uso dei grassi (per esempio nella maratona si stima un 20% di impiego dei grassi). In realtà (ed è sorprendente che la visione classica non ne tenga conto) è stato ormai dimostrato da tempo che anche le proteine vengono utilizzate a fini energetici, quando le scorte di glicogeno sono basse. Il carburante impiegato dipende infatti da:

a) la velocità cui si corre

b) il grado di allenamento

c) la capacità di correre in condizioni di deplezione di glicogeno.

I primi due punti sono perfettamente d'accordo con la teoria classica; il terzo invece ci dice che quanto più l'atleta è abituato a correre con scarse scorte di carboidrati tanto più aumenta la sua capacità di bruciare grassi e proteine. Questo avviene in chi si allena tutti i giorni (atleta A) e spesso deve farlo senza aver recuperato completamente l'allenamento precedente. Chi si allena tre volte alla settimana (atleta B) eseguirà l'allenamento avendo pienamente recuperato e il suo fisico continuerà a utilizzare i carboidrati. Nel caso di un fondo lento di 20 km si può ipotizzare che per l'atleta A la miscela sia 60% carboidrati, 30% grassi e 10% proteine mentre per l'atleta B 80% carboidrati, 15% grassi e al massimo un 5% di proteine. A parte le percentuali, si deve rilevare che la nuova visione spiega come mai atleti di tipo B abbiano di solito scarse capacità di recupero: se le loro scorte di glicogeno non sono al massimo il loro rendimento cala vistosamente, mentre per atleti di tipo A il calo è meno sensibile.



E il cammino?



Ben più complesso esprimere i consumi del cammino. Sicuramente minori rispetto a quelli della corsa (manca la fase di volo), non si può non tenere conto che quando si tende a incrementare la velocità forzandosi a camminare, anziché correre, l'innaturalezza del gesto, renda molto dispendioso il movimento.

Sostanzialmente vale la stessa formula della corsa, ma il k è molto più variabile, sempre inferiore a 1. Può andare da 0,4 a 0,8 a seconda della fatica del gesto; il k minore si ha per la massima velocità cui si riesce a camminare naturalmente. Si deve rilevare che questo dato spiega l'inefficacia del consiglio che i media sono soliti propinare alla popolazione, consiglio secondo il quale basterebbe camminare per 20' al giorno per stare in forma. Un soggetto sovrappeso di 80 kg che passeggi per 1,5 km (20'), godendosi il paesaggio, consuma circa 60 kcal, cioè 15 g di crostata! Se quello è il suo unico esercizio fisico della giornata, come può sperare di dimagrire?


Fattori dabanane10 considerare



Ovviamente i dati sopraesposti valgono per condizioni normali; si possono elencare diversi fattori che peggiorano o migliorano il consumo. Non sempre è possibile essere precisi nell'indicare il consumo perché può dipendere da come il soggetto gestisce il fattore considerato. In letteratura si trovano dati non sempre concordanti e di non facile determinazione.



  • La corsa in salita aumenta i consumi.

  • La corsa in discesa li diminuisce, ma al crescere della pendenza tale vantaggio è minore perché l'azione frenante per mantenere l'assetto di corsa è comunque da tenere in considerazione.

  • L'elasticità della scarpa diminuisce i consumi fino al 2,5% rispetto a una scarpa completamente scarica.

  • Il peso della scarpa; 100 g di peso in più nelle scarpe equivalgono a circa 500 g di peso in più in vita; anche questo dato è da prendere cum grano salis perché non c'è linearità: oltre un certo peso della scarpa la penalizzazione è evidente.

  • Il tipo di terreno; per esempio, correre sulla sabbia costa il doppio rispetto a correre sull'asfalto.

  • Il vento (resistenza dell'aria); un vento che soffia a 60 km/h incrementa i consumi di circa il 40%, mentre una leggera brezza (15 km/h) incrementa i consumi di solo il 5%. Anche in questo caso non c'è linearità né con la velocità del vento né con il peso del runner. Come per la corsa in discesa/salita, un vento favorevole non riequilibra la situazione, per cui in un 10000 in pista con forte vento si andrà più piano rispetto a correrlo in assenza di vento, a prescindere dal fatto che si corrano frazioni uguali contro o a favore di vento.

  • L'abbigliamento; ovviamente non influenza solo per il peso del corpo (cappelli, accessori come orologi o gioielli ecc.), ma anche per la difficoltà di gestirlo in maniera sincrona con il movimento. Correre con una tuta da camera o da passeggio aumenta nettamente i consumi.

  • La scia; anche in condizioni di assenza di vento, correre in scia diminuisce la resistenza dell'aria. A 2'50"/km si ha un risparmio del 7%; il risparmio che si ha a 4'/km (15 km/h) è ancora sensibile.

  • La fatica; correre affaticati peggiora l'efficienza della corsa, aumentando il k.



 


 


 






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