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Rubriche > SOTTO VOCE > La matrigna - I quei tre anni qualcosa avevano imparato, ma era ancora troppo poco serviva una donna
La matrigna - I quei tre anni qualcosa avevano imparato, ma era ancora troppo poco serviva una donna
Articolo di Anonimi pubblicato il 15/8/2012 (2847 Letture)
gif56Erano gli unici contadini rimasti, in quelle campagne della bassa Padania, gli altri avevano venduto tutto per andare a lavorare in fabbrica dove faticavano di meno e guadagnavano di più. Rocco il capofamiglia era padre di quattro figli maschi, la moglie era morta da tre anni. La mancanza di una donna in casa si sentiva quegli uomini erano abituati alle fatiche a svegliarsi presto la mattina non avevano dimestichezze con le faccende domestiche non sapevano né lavare né stirare e nemmeno farsi da mangiare.


Rocco espose il suo problema al parroco del paese. sono io

«Ci sarebbe una brava donna che potrebbe risolvere i vostri problemi, ma la dovresti sposare, è timorata di Dio non accetterebbe mai di vivere in una casa con cinque maschi. Solo sposandola secondo me potrebbe accettare».

A Rocco di sposarsi non andava, disse che ne avrebbe parlato con i figli.

I suoi figli. Olmo il primo aveva quasi trent’anni poi tutti gli altri. Cesare, Italo, e infine Celso di vent’anni. Tutti rozzi e senza istruzione, non erano andati a scuola. Sapevano solo arare la terra e badare agli animali. In paese non ci andavano mai dicevano che si spettegolava, e che la gente definivano le donne puttane e gli uomini dei cornuti. Meglio evitare, stare alla larga, a contatto con la natura tra vacche, maiali, pecore, galline e cavalli. Sei sicuro di non essere pugnalato alle spalle così la pensavano.

Rocco, parlò con i figli questi erano un po’ titubanti, ma allo stesso tempo si rendevano conto che quella era l’unica soluzione nessuna sarebbe andata a fare la sguattera in quella casa, anche se pagata quegli uomini erano troppo selvaggi. Olmo parlò per tutti disse al padre di accettare. Il giorno dopo Rocco tornò dal parroco.

«Chi sarebbe questa donna? Quanti anni ha? È vedova, separata nubile?». L’uomo aggredì il parroco con una raffica di domande.

«Si chiama Ines ha quarantacinque anni è orfana di entrambi i genitori vive con una vecchia zia non ha mai avuto un uomo è pura come il signore l’ha creata. Canta nel coro della chiesa tra un po’ dovrebbe arrivare te la presento gli ho già parlato di te della tua famiglia».

«Che cosa ha detto?».

«Mi ha detto che per lei dedicarsi a delle persone sentirsi utile è il massimo che possa chiedere a nostro Signore. Perciò comportatevi bene, è una santa donna». Il bifolco era ansioso di fare la conoscenza di questa “santa donna”. Il prete uscì dalla sacrestia dicendo a Rocco di aspettarlo. Il religioso tornò dopo pochi minuti, con lui c’era Ines.



Rocco, rimase di sasso nel vederla non aveva parole. Ines era alquanto grassottella, in carne, la classica femmina ruspante. Il suo viso rotondetto era bellissimo pieno di luce solare gli occhi azzurri come il mare, le labbra carnose, i capelli neri e corti. Vestiva in modo austero da donna seria. Il contadino era contento, non si aspettava tanta grazia.

Si presentarono.



Il prete celebrò il matrimonio dopo due mesi dalla presentazione. Una cerimonia con pochi intimi semplice. Lo sposalizio si ufficiò nella casa di Rocco. Uccisero un maialino che fecero allo spiedo. Quando gli invitati andarono via, Rocco si chiuse in camera con la fresca sposa. Era infoiato, da più di tre anni non aveva rapporti con una donna i suoi istinti li sfogava con le pecore e la vacca, la voglia di fica era tanta.

Le sue fantasie erano stimolate maggiormente dal fatto che Ines non era mai stata con un uomo, saperla illibata eccitava Rocco come un mandrillo. Si denudò. La moglie era seduta sul bordo del letto e gli dava le spalle. L’uomo, brandiva il cazzo nella mano come se fosse un manganello. Si avvicinò alla donna. Ines, quando vide la verga, abbassò lo sguardo in modo pudico.

«Non fare moine prendimelo in bocca».

«Queste cose non si fanno, offendono nostro Signore».

«Non dire stronzate, il tuo “Signore” sono io! Leccalo come se fosse un gelato». Sapeva di non avere speranze, Rocco con le buone o le cattive, gliel’avrebbe messo in bocca. lo prese da se. Iniziò a leccare e succhiare. Per essere una principiante non se la cavava per niente male a Rocco piaceva come lo stava spompinando. Con un tono della voce duro, deciso ordinò a Ines di mettersi nuda. La donna obbedì. Quel corpo privo di curve era sodo per niente molle le tette enormi le disse di mettersi a pecora sul letto. Il culo tondo ricordava a Rocco quello di Camilla la sua mucca da latte, la impalò con un colpo secco. Il cazzo scivolava nella vagina umida della femmina. La chiavava con vigore senza alcun tatto. Pisciò lo sperma nelle viscere di Ines.

«Qui ti troverai bene i cazzi non ti mancheranno i miei figli non sono mai stati con una donna scopano con gli animali, con loro dovrai essere disponibile come lo sei stata con me».

«Devo giacere anche con loro?».

«Sì, siamo molto uniti dividiamo tutto e la legge della madre terra, i frutti sono di tutti».

«Dio è contro la promiscuità».

«Non pensare a certe cose pensa solo che ora hai una famiglia da badare in tutti i sensi. Il tuo Dio sarà contento di questo». Si mise la camicia da notte e uscì dalla camera per andare in bagno, nel corridoio c’erano i quattro figli di Rocco. Olmo prese Ines per la mano e la portò in camera sua, la donna non proferì parola. Se la chiavò. Stessa cosa fecero gli altri tre.

Era ormai ora di alzarsi quando finirono di scoparla. Il gallo cantò per tre volte. Era stanca sfinita, sbadigliava di continuo mentre preparava le colazioni. Caffè e uova strapazzate con pancetta. Rocco, al posto del caffè, bevve del vino rosso.

«L’avresti mai immaginato che alla tua prima notte di nozze prendevi cinque cazzi?». Disse Italo e le sue parole furono accompagnate dalle risate fragorose e sguaiate degli altri.

«Non fatemi peccare più vi prego». Ancora delle risa su quella supplica. Risa che echeggiavano nella stanza come suoni sinistri. I cinque andarono nei campi.



Rimasta sola. Si mise a rassettare la casa. Verso le nove, arrivò don Luigi il prete.

«Com’è andata la tua prima notte da sposata?».

«Hai scelto proprio bene l’uomo con il quale maritarmi per sbarazzarti di me. Mi hanno chiavata tutti e cinque stanotte».

«Non pensavo che sarebbe successo una cosa del genere. mi dispiace».

«A me no. Quei bifolchi mi hanno fatto godere tanto più di te. Ora puoi stare tranquillo la tua Ines non ti darà più fastidio».

«Non dire così io ti amo».

«Stai zitto! Se mi amavi, lasciavi la chiesa per stare con me! mi hai solo usata per sfogare le tue voglie e per togliermi dai piedi mi hai fatta sposare. Chi prenderà il mio posto c’è un’altra vero? Elvira la moglie del farmacista è lei la mia erede è così? Con lei non corri rischi è sposata non ti chiederà mai di abbandonare il sacerdozio».

«TI sbagli non c’è nessuna per me sei l’unica fatti amare vieni qui».

«Non ti faccio schifo? Ho ancora addosso l’odore di quei maschi, cinque verghe ho preso una più grossa dell’altra ».

«Ti è piaciuto eh! Prendere tanti cazzi li hai succhiati ti sono venuti in bocca? Fammi sentire dammi un bacio voglio leccartela tutta».

«Sei un depravato, un maniaco per questo mi piaci perché sei un porco».

«Chi ce l’ha più grosso?».

«T’interessa saperlo ti eccita vero? Cesare ha un gran cazzo lungo e grosso, ma anche Rocco è messo bene. Mi hanno chiavata come quando si accoppiano con le loro bestie senza un minimo di delicatezza selvaggiamente. Sapevi che sarebbe successo vero?».

«No, ma ci speravo arditamente. In paese tutti sanno della nostra relazione, tutti tranne questi ignoranti che vivono lontano dal mondo chi ti avrebbe presa se non loro?». Si baciarono freneticamente in bocca e si denudarono.

«Domani sarà il nostro anniversario sono quindici anni che stiamo assieme come lo vuoi festeggiare?».

«Chiavandoti nel porcile tra i maiali, metterti carponi nella melma e fotterti energicamente. ti voglio scrofa, porca».

«Sono grassa abbastanza da essere una maiala?».

«Sì, e la tua pelle è rosa come quella di un suino andiamo nello stabbio». Nudi si diressero nel porcaio Ines stringeva nella mano il cazzo duro del prete. Entrarono. Lei si mise a quattro zampe tra i porci uno di questi tentava di montarla il prete lo levò e si mise al suo posto. La penetrò in vagina. Ines grugniva proprio come una scrofa.

«Tra i tuoi pari, tra i tuoi pari puttana!».

«Dovrebbero scomunicarti sei un bastardo indegno di fare il prete ti devono interdire dai sacramenti figlio di puttana! Ohhh mmm sì sì così… così…». Lo sfilò dalla vagina e lo mise nell’ano. Il prete intingeva la mano nella melma e la spalmava sul corpo di Ines.

«Così sei più simile a una bestia». Dopo aver goduto, si rotolarono nella fanghiglia i porci erano intorno ai due e leccavano i loro corpi. Si andarono a lavare nel laghetto circostante.



La sera erano tutti a tavola Ines aveva preparato un ottimo minestrone, una pietanza così gustosa da anni i bifolchi non la assaporavano.

«Ho fatto proprio un ottimo affare oltre a soddisfare le nostre voglie sei anche brava a cucinare».

Disse Rocco inzuppando il pane nel piatto.

«Dobbiamo organizzarci stabilire i turni non possiamo fare come stanotte. Tiriamo a sorte con chi dormirà tua moglie stanotte e le altre successive senza fare casino».

Queste parole le disse Italo che riscontrarono il consenso degli altri.

«Giusto, una notte per uno». Aggiunse Celso.

A Ines sembrava di essere un oggetto un qualcosa nelle mani dei cinque che serviva solo a sollazzarli. Forse era meglio così. Meglio una cosa organizzata che passare tutta la notte tra un letto e l’altro. Se la giocarono a carte. Chi aveva la carta più grossa era il primo poi man mano tutti gli altri. Vinse Celso. A seguire Olmo, Rocco, Italo, e infine Cesare.

«Adesso io dovrei aspettare cinque giorni per farmi una chiavata». Era amareggiato Cesare.

«Continua a inculare le pecore come hai fatto fino a oggi». Suggerì il padre.

«Ovviamente di quello che penso io a voi non interessa niente, ma voglio esprimervi lo stesso il mio concetto. Stiamo sbagliando non è giusto fare certe cose sono contro la volontà del Signore». Disse Ines guardandoli in faccia uno per uno.

«Ci sono altre cose peggiori che vanno contro la volontà di Dio eppure le fanno. Non farti troppe menate lasciano stare». Gli fece eco Olmo. A lei di fare un torto al Signore interessava poco l’importante cambiare cazzo ogni sera.

«Però prima di andare a letto sei nella terra di nessuno e quindi appartieni a tutti ognuno di noi ne può approfittare». Questa considerazione la fece Italo.

«E’giusto!». Risposero in coro gli altri. Era successo tutto così in fretta non era ancora passato un giorno dalla sua permanenza in quella casa, eppure le sembrava di esserci sempre vissuta. Non se faceva una ragione com’era possibile che nel ventesimo secolo ci fossero ancora delle persone così selvagge che agivano solo per istinto come le bestie.

«Sono vostro padre il capofamiglia e, padrone di questa femmina che ora ci farà un bel bocchino». Stava ancora mangiando Ines quando i cinque si alzarono e si disposero in fila indiana uno dietro l’atro come allo sportello delle poste. Davanti Rocco, poi Olmo, Cesare, Italo, e Celso.

Dopo nemmeno mezz’ora, quel viso bellissimo era deturpato dallo sperma erano venuti tutti in faccia non riusciva ad aprire gli occhi. La sborra colava come cera fusa l’aveva dappertutto. Quei cinque uomini non erano per niente normali eiaculavano copiosamente tutto seme arretrato da anni. Non sentiva più la mascella aveva le labbra indolenzite.

Nove mesi dopo Ines partorì una bella femminuccia chi fosse il padre non lo sapeva. Poteva essere chiunque dei cinque oppure il prete che tutte le mattine le faceva visita. Chiamò la bimba Aurora



Lucia - Bologna



N.B. La posta della rubrica " Sotto Voce " viene pubblicata integralmente, senza correzioni ne tagli, cestinando solo le storie ritenute troppo forti o di contenuto volgare. 



 


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