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Rubriche > RUBRICA MEDICA > Ernia iatale e malattia da reflusso
Ernia iatale e malattia da reflusso
Articolo di Flora Rossi pubblicato il 11/9/2008 (2576 Letture)
Che cos'è il reflusso gastroesofageo? - Il reflusso gastroesofageo consiste nella risalita dei succhi gastrici dallo stomaco, in cui vengono ordinariamente prodotti, all'esofago, dove di norma non dovrebbero stazionare. Il fenomeno è entro certi limiti normale, si può verificare saltuariamente e dare solo piccoli disturbi senza conseguenze apprezzabili. Poiché, tuttavia, il rivestimento interno dell'esofago non è in grado di tollerare a lungo queste sostanze "caustiche", se il reflusso è abbondante, frequente e prolungato compaiono sintomi fastidiosi e persistenti che possono peggiorare notevolmente la qualità della vita e, in diversi casi, provocare anche una infiammazione cronica dell'esofago ed altre complicazioni. In queste circostanze si parla di malattia da reflusso gastroesofageo.

Quali sono le cause di questa malattia?

Le cause non sono ancora completamente chiarite. Uno dei meccanismi principali coinvolti nel reflusso gastroesofageo è il cattivo funzionamento dello sfintere esofageo inferiore, un anello muscolare situato nella parte inferiore dell'esofago che normalmente è chiuso e deve aprirsi solo quando si verifica il passaggio del cibo diretto allo stomaco, ma che in alcuni casi si rilasciaRiflusso al momento sbagliato, favorendo la risalita del contenuto gastrico. La presenza di una ernia iatale, cioè la risalita di una piccola porzione dello stomaco nel torace (al di sopra del diaframma) viene ritenuta una causa della malattia, o addirittura considerata come la stessa cosa. In realtà, il riscontro di un'ernia iatale (visibile per esempio con una radiografia dello stomaco) è frequente sia nei pazienti affetti da malattia da reflusso che in molti individui sani senza sintomi e quindi il suo significato è piuttosto controverso.
Anche un difettoso svuotamento dello stomaco potrebbe favorire la malattia da reflusso gastroesofageo. La gravidanza, il diabete e l'obesità possono, invece, contribuire alla comparsa di un reflusso patologico.



Che cos'è l'esofagite?

L'esofagite si verifica soprattutto quando il reflusso è più intenso o prolungato ed è caratterizzata da una infiammazione che, nei casi più gravi, può essere accompagnata da erosioni oRiflusso ulcere dell'esofago.

Esofagite però non è sinonimo di malattia da reflusso gastroesofageo. Infatti, tra coloro che si ammalato di malattia da reflusso gastroesofageo, non più del 40 per cento ha una esofagite,

mentre in tutti gli altri l'aspetto dell'esofago si presenta, quando si fa una gastroscopia, completamente normale. I pazienti senza esofagite sono perciò più numerosi di quelli con esofagite e i loro disturbi sono altrettanto fastidiosi e invalidanti. Per di più, la forma senza esofagite sembra rispondere meno bene al trattamento con i farmaci.

Ernia iatale e malattia da reflusso sono la stessa cosa?

L'ernia iatale non è una malattia, ma solo una condizione anatomica, peraltro assai frequente, che può favorire la comparsa di una malattia da reflusso gastroesofageo.
Pertanto, molti individui possono avere un'ernia iatale, ma non hanno sintomi da reflusso. Infine, la coesistenza di ernia iatale e malattia da reflusso gastroesofageo non cambia le modalità di trattamento della malattia.

Il bruciore di stomaco è un sintomo di reflusso?

Il bruciore di stomaco è un sintomo di diversi disturbi digestivi e quindi non è specifico della malattia da reflusso. Il sintomo più caratteristico di questa malattia è in realtà un bruciore che viene avvertito principalmente al petto (pirosi) e che si irradia talvolta fino alla gola. Il bruciore si associa spesso al rigurgito, di acido o di cibo, nella bocca e ad eruttazioni frequenti. Questi sintomi si presentano più facilmente dopo un pasto, ma possono anche essere favoriti dalla posizione sdraiata, da una flessione del busto in avanti o da uno sforzo che comporta la contrazione dei muscoli addominali o del diaframma.

Quali sono gli altri sintomi?

Oltre ai sintomi tipici già descritti, la malattia da reflusso si può presentare con diversi sintomi, alcuni dei quali sono riferibili alla digestione, per esempio difficoltà a deglutire (disfagia), sensazione di un corpo estraneo in gola, eccessiva salivazione o sapore amaro in bocca. Altri sintomi, detti "atipici", sono invece più difficili da interpretare perché si riferiscono ad organi diversi, per esempio: tosse cronica, alterazioni della voce, mal d'orecchio, crisi d'asma, dolore al petto (simile all'angina) che può simulare una malattia di cuore, o addirittura la perdita dello smalto dentario.

Si tratta di una malattia benigna?

Anche se ha un decorso sostanzialmente benigno, questa malattia è tendenzialmente cronica e caratterizzata da frequenti ricadute. Anche nei tanti pazienti che vengono trattati con successo con le medicine, non appena il trattamento viene sospeso i sintomi si ripresentano a breve scadenza.

Se non viene curata adeguatamente, la malattia può andare incontro ad alcune complicazioni, per esempio restringimenti ed ulcere dell'esofago. In alcuni casi, per fortuna rari, l'infiammazione cronica può provocare una trasformazione (metaplasia) del normale tessuto di rivestimento dell'ultima parte dell'esofago. Questa alterazione, denominata esofago di Barrett, può in circostanze particolari favorire lo sviluppo di un cancro all'esofago.

Quanto è diffusa in Italia?

La malattia da reflusso è una patologia in continuo aumento. Fino a poco tempo fa i dati sul numero di persone colpite da questa malattia erano piuttosto approssimativi, sia perché molte persone colpite da questi disturbi non si rivolgono al medico, forse perché imparano a "convivere" con i propri sintomi, sia perché parecchi individui hanno sintomi "atipici" (per esempio dolori al torace e tosse cronica) per i quali la diagnosi giusta non viene fatta oppure arriva molto tardi. Secondo i dati preliminari forniti dal primo screening italiano su questa malattia, iniziato ad aprile del 2002 e ancora in corso, i sintomi del reflusso gastroesofageo interessano oltre 18 milioni di persone, cioè un italiano su tre, senza differenze apprezzabili fra uomini e donne. La sua frequenza tende comunque ad aumentare con l'età. Spesso i sintomi vengono sottovalutati e percepiti come un disturbo comunque benigno e passeggero. È noto invece che, se la malattia da reflusso gastroesofageo non viene curata adeguatamente, i disturbi legati ad essa possono danneggiare notevolmente la qualità della vita, più di quanto non facciano altre malattie molto diffuse come l'ulcera o l'angina pectoris.

Il sovrappeso può favorire la malattia?

L'aumento di peso sembra essere un fattore che favorisce la comparsa di malattia da reflusso. Secondo dati recenti, questa relazione è particolarmente significativa nelle donne. In che modo il sovrappeso favorisca il reflusso non è ancora stato chiarito, ma si sa, per esempio, che l'obesità aumenta la probabilità di un'ernia iatale, che è notoriamente un fattore predisponente al reflusso. Un'altra spiegazione potrebbe essere che le persone in sovrappeso mangiano "troppo" o comunque "male": si sa, per esempio, che l'eccesso di grassi nell’alimentazione, come pure l'eccessiva distensione dello stomaco dopo un pasto abbondante, possono favorire il fenomeno del reflusso. Si noti comunque che anche il sovrappeso, come la malattia da reflusso, è una condizione molto diffusa in Italia, tanto è vero che oggi circa il 45 per cento della popolazione ha un 'indice di massa corporea (rapporto peso/altezza) superiore al normale.

Come si fa la diagnosi?

Se i sintomi sono quelli tipici della malattia (bruciore al petto e rigurgito) e compaiono con frequenza regolare, magari più volte alla settimana, la diagnosi si può fare senza ricorrere a particolari esami diagnostici. Se invece i sintomi sono meno specifici (tosse cronica, crisi asmatiche, disturbi della deglutizione, dolori al petto) sono necessari esami più sofisticati per ottenere la diagnosi. Se i sintomi compaiono dopo i 55 anni e sono eventualmente associati a perdita di peso, anemia, difficoltà a deglutire o perdite di sangue è opportuno rivolgersi al medico per effettuare una serie di accertamenti. L'esame più accurato e preciso per valutare il reflusso gastroesofageo è la pH-metria esofagea, che misura mediante una sonda sottile introdotta in esofago il numero e la frequenza degli episodi di reflusso acido nel corso delle 24 ore.Con la manometria esofagea si possono invece valutare i movimenti dell'esofago e, soprattutto, il funzionamento dello sfintere esofageo inferiore, che può essere responsabile della malattia.  Un esame molto richiesto è la gastroscopia: essa può essere utile se dimostra la presenza di un’esofagite, ma questa è assente in moltissimi casi, specialmente quelli in cui i sintomi sono meno tipici, e quindi il suo mancato riscontro non è un dato a sfavore della diagnosi. Un altro elemento utile per chiarire la diagnosi è constatare un netto miglioramento dei sintomi dopo una cura di 30-40 giorni con alcuni potenti farmaci antiacidi oggi disponibili. La radiografia dell'apparato digerente superiore, dopo ingestione di bario, non è utile per la diagnosi, ma permette solo di apprezzare l'eventuale presenza di una ernia iatale che può essere una condizione che favorisce la malattia.

Qual è il trattamento?

Tutti i farmaci che bloccano la produzione dell'acido nello stomaco sono utili per il trattamento della malattia da reflusso. Quando si soffre di episodi di reflusso occasionali e di lieve entità, può essere sufficiente l'uso regolare di farmaci antiacidi reperibili in farmacia anche senza ricetta medica, ma per i quali è sempre bene avere indicazioni dal medico circa le dosi e le modalità di assunzione. I composti abitualmente adoperati come antiacidi, a base di magnesio o alluminio, possono dare effetti collaterali, per esempio diarrea o stitichezza. Esistono in alternativa  prodotti (in compresse o in sospensione) che formano nell'esofago una "schiuma", attraverso la quale possono neutralizzare il reflusso di acido. In caso di malattia da reflusso gastroesofageo vera e propria si deve ricorrere ad un trattamento più drastico. I farmaci più efficaci, attualmente a disposizione, sono gli inibitori della pompa protonica, che sono in grado di sopprimere per molte ore la produzione di acido nello stomaco e pertanto di risolvere in tempi sufficientemente rapidi i sintomi della malattia e di curarne, quando esistono, alcune conseguenze (per esempio l'esofagite). L'esperienza maturata in oltre un decennio su milioni di pazienti in tutto il mondo conferma che l'assunzione degli inibitori della pompa protonica anche per periodi di tempo molto lunghi è assolutamente sicura. Il timore che l'uso prolungato di questi farmaci potesse creare delle alterazioni nello stomaco, predisponenti alla comparsa di tumori gastrici, è stato definitivamente escluso. Come tutti i farmaci, gli inibitori della pompa protonica possono avere effetti collaterali, per esempio diarrea e mal di testa, che scompaiono immediatamente una volta sospeso il trattamento.

Per quanto tempo si devono prendere i farmaci?

La malattia da reflusso gastroesofageo tende ad essere cronica e può andare incontro a ricadute frequenti. Pertanto ci sono casi in cui è consigliabile o necessario prendere i farmaci, in maniera continua o intermittente, per periodi molto lunghi (mesi o anni), anche dopo il raggiungimento del benessere che, nel caso degli inibitori della pompa protonica, si ottiene   di solito molto rapidamente. In ogni caso, i tempi e le dosi dei farmaci devono essere personalizzati, adoperando possibilmente la dose minima necessaria ad ottenere un benessere stabile.

Cosa fare se i farmaci non sono efficaci?

La maggioranza dei pazienti risponde in modo soddisfacente al trattamento con gli inibitori della pompa protonica. Prima di considerare inefficace una cura farmacologica bisogna comunque essere sicuri di avere adoperato i farmaci giusti e, soprattutto, di averli presi in modo corretto e a dosi adeguate. Non sono rari i casi, infatti, in cui il trattamento deve essere prolungato per mesi o anni e la dose può anche essere aumentata, sempre previo consiglio medico, se i sintomi non rispondono al primo tentativo. Un altro motivo per cui i farmaci non sono efficaci può essere determinato dal fatto che la diagnosi non è quella giusta: è dunque bene consultare il medico per concordare eventualmente nuovi accertamenti diagnostici. L'intervento chirurgico non deve essere considerato come ultima scelta per il paziente che non ha risposto al trattamento medico: la chirurgia è solo un'arma terapeutica in più che può essere qualche volta risolutiva, ma  la cui scelta deve essere sempre molto ben ponderata. Sono in fase di sperimentazione nuove tecniche non chirurgiche per la cura della malattia che si basano sull’iniezione, attraverso lo strumento usato per la gastroscopia, di particolari sostanze nel punto di passaggio tra l'esofago e lo stomaco, con lo scopo di creare una barriera più efficace contro il reflusso gastroesofageo.

Si deve osservare una dieta speciale?

Va ricordato innanzitutto che raggiungere o mantenere un peso corporeo corretto significa ridurre i rischi di malattia da reflusso. È bene evitare di mangiare troppo tardi alla sera o di fare spuntini durante la notte, perché questo può favorire il fenomeno del reflusso di acido nelle ore notturne, quando si assume la posizione sdraiata. Sono da preferire gli alimenti poveri di grassi (pane, pasta, riso, patate, verdure, frutta, carni magre, latte e yogurt scremati) mentre vanno evitati i cibi che possono favorire il rilasciamento dello sfintere esofageo inferiore (fritture, carni e formaggi grassi, panna, salse e condimenti ricchi di burro) oltre a bevande alcoliche, menta, aglio e cipolla. È consigliabile limitare gli alimenti che possono irritare la mucosa dell'esofago: agrumi e relativi succhi, pomodoro e succo di pomodoro, caffè, cioccolato, tè, coca cola e bevande gassate in genere. Meritano di essere ricordate alcune piccole regole igieniche, per esempio:

  • non sdraiarsi subito dopo il pasto ed evitare attività che comportano una posizione prolungata di flessione in avanti (per esempio, il giardinaggio);

  • non andare a dormire prima che siano trascorse almeno due-tre ore dal pasto;

  • sollevare il letto di 10-15 centimetri dalla parte in cui si appoggia la testa;

  • evitare gli indumenti troppo stretti in vita.
  • Ci sono medicine che peggiorano il reflusso?

    Esistono medicine che possono danneggiare direttamente l'esofago e quindi aggravare i sintomi nei casi in cui esiste già un certo grado di infiammazione esofagea (per esempio potassio, ferro, cortisone e chinidina).

    Altri farmaci favoriscono o aggravano il reflusso direttamente, perché sono attivi sullo sfintere esofageo inferiore. Tra questi ricordiamo: la teofillina (farmaco antiasmatico), alcuni tranquillanti (per esempio le benzodiazepine), i nitrati (che si adoperano in alcune malattie di cuore), gli antidepressivi, gli anticolinergici (per esempio alcuni farmaci antiparkinson), gli ormoni progestinici.

    Il problema è particolarmente delicato negli anziani, nei quali il maggior rischio di sviluppare la malattia da reflusso, legato all'invecchiamento, può ulteriormente aggravarsi a causa dell'elevato numero di farmaci normalmente assunti a questa età.



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