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Rubriche > MISTERI NASCOSTI > Uniti nella vita separati a scuola
Uniti nella vita separati a scuola
Articolo di Adriana Abussi pubblicato il 3/10/2010 (2021 Letture)
Era la primavera del 2006 quando dall’America piombò sul nostro Paese  la notizia che negli USA stavano tornando di moda le scuole single sex, gli istituti per soli maschi e sole femmine e molti qui da noi gridarono allo scandalo. Sulla stampa di casa nostra infuriò un’accesa polemica, frasi come «In democrazia c’è il confronto e non la separazione fra sessi» oppure «Se si comincia a separare gli alunni per sesso si finirà per separarli anche per razza e per livello sociale» si sprecarono e il polverone che ne seguì sembrò seppellire definitivamente la questione.


Scuola 2Scuola 1 Ma, si sa, le mode vanno e vengono e oggi a distanza di due anni il dilemma delle scuole a “modello misto” o “differenziato” è tornato alla ribalta e con maggior vigore vista la crisi della scuola italiana. Meglio tenerli insieme, maschi e femmine, nella stessa classe e magari rischiare una promiscuità a tratti imbarazzante, o separarli affidandone la formazione ad istituti monosessuali col rischio di riproporre modelli educativi fuori tempo? Questo il dubbio amletico che attraversa per intero il saggio « Maschi e femmine a scuola» a cura di Giuseppe Zanniello (Professore ordinario di Didattica e Pedagogia speciale dell’Università di Palermo), edito dalla casa editrice SEI nella collana “Scuola e vita”.



Seguendo  le posizioni di sette antropologi e pedagogisti  che si confrontano con le vecchie e nuove frontiere della sperimentazione scolastica Zanniello mette a confronto il modello scolastico “misto” con quello “separato” per tentare di consacrare quello più adatto alla scuola attuale.  In Italia, da quasi mezzo secolo, la scuola poggia sul concetto di coeducazione,  un principio pedagogico  che crede nella  utilità della convivenza di studenti di ambo i sessi nelle stesse classi come fonte di valorizzazione della diversità e dell’uguaglianza ontologica tra maschio e femmina. Oggi questo modello sembra in crisi e ci si interroga se non convenga tornare alla scuola dei nonni e bisnonni quando le ragazze,da corridoi separati, entravano in aule inaccessibili ai maschi. Il saggio di Zanniello  è chiaro: «La coeducazione non va confusa con la coistruzione, tanto meno con una prolungata convivenza promiscua». InRagazza altri termini non è fallita la coeducazione, ma la sua attuazione pratica. La scuola mista, nata cinquant’anni fa come strumento per favorire l’emancipazione e l’integrazione della donna, oggi appare tutt’altro che coeducativa a causa della mancanza di una precisa progettualità pedagogica. Addirittura, studi recenti avrebbero dimostrato che ragazzi e ragazze  che frequentano insieme la scuola sono meno capaci di relazionarsi  e di rispettarsi di quanto facciano quelli di scuole monosessuali.  Allora che fare? Zanniello- propone una soluzione salomonica «sperimentiamo parallelamente i due modelli e analizziamone i risultati educativi ottenuti, chissà che una volta tanto la strada nuova non sia migliore della vecchia».  



 



 


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Un giorno, ero un ragazzino delle superiori, vidi un ragazzo della mia classe che stava tornando a casa da scuola. Il suo nome era Kyle e sembrava stesse portando tutti i suoi libri. Dissi tra me e me: "Perché mai uno dovrebbe portarsi a casa tutti i libri di venerdì? Deve essere un ragazzo strano". Io avevo il mio week end pianificato (feste e una partita di football con i miei amici), così ho scrollato le spalle e mi sono incamminato.

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