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Rubriche > DIALOGO CON L'EDITORE > CAMPANE TROPPO RUMOROSE
CAMPANE TROPPO RUMOROSE
Articolo di Gennaro Piccolo pubblicato il 21/6/2023 (671 Letture)
Ecco come verificare se il parroco del paese sta esagerando e come ottenere il risarcimento del danno


E per ogni campanile c’è almeno un cittadino che – abitando vicino alla chiesa – si lamenta del suono delle campane: troppo rumore!, troppo a lungo!, troppo spesso!, anche di notte!, ecc.



Alcuni di questi hanno pieno diritto di lamentarsi – e di ottenere la cessazione dei rumori oltre al risarcimento del danno – altri invece no.



D’altra parte ogni campanile suona in modo diverso dagli altri, e soprattutto ci sono parroci che scampanano prestando anche attenzione alla pubblica quiete ed altri che invece si appendono volentieri sulle corde del loro campanile abbandonandosi con maggior enfasi ad invitare il proprio gregge agli uffici divini, agli altri atti religiosi o anche solo a ricordare loro del tempo che passa.



Alla fine della lettura di questo articolo vi sarete fatti un’idea (magari più approfondita di quella del parroco del paese) circa l’effettiva regolamentazione giuridica del suono delle campane. Insomma: dei vostri diritti e dei rimedi all’inquinamento acustico prodotto dai campanili.



1. I limiti alle immissioni previsti dalla legge: la normale tollerabilità.



2. I rimedi giuridici in caso di rumore eccessivo: profili civili – penali – amministrativi – consigli pratici.



3. La chiesa e il diritto di uso delle campane: scopi liturgici o civili?.



4. Intervento della C.E.I. – circolare n. 33 del 2002.



1. I limiti alle immissioni previsti dalla legge: la normale tollerabilità.



L’art. 844 del codice civile, in tema di “immissioni” da parte di privati (e non da parte di sorgenti rumorose pubbliche) stabilisce che non è possibile impedire le immissioni di rumore se queste non superino la soglia della cosiddetta “normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi”.



Nell’applicare tale norma – dice la legge – l’autorità giudiziaria deve contemperare le esigenze della produzione (se le immissioni provengono da una attività industriale o commerciale) con le ragioni della proprietà. Può tenere conto della priorità di un determinato uso.



Quella della “normale tollerabilità” è una formula piuttosto generica che, nella pratica, lascia ampio margine al Giudice di stabilire se un particolare rumore sia o meno tollerabile e quindi lecito.



La “normale tollerabilità” è quella soglia oltre la quale sussiste il pericolo di un danno non patrimoniale da lesione della salute psico fisica data, ad esempio, dal non dormire la notte, dall’aumento della stress, ed anche quello di danno patrimoniale, dato ad esempio dal mancato godimento della propria abitazione.



Un parametro generalmente utilizzato nella prassi giudiziaria per stabilire la soglia tollerabile è quello dei “3 decibel”: il rumore delle campane non può cioè comportare l’aumento del rumore immesso in una proprietà privata per più 3 decibel rispetto al c.d. rumore di fondo (cioè il rumore presente nell’abitazione senza il suono della campana).



Altro parametro utilizzato – in via di analogia – è quello stabilito dal DPCM 11 novembre 1997 in tema di “accettabilità” (che è però un concetto giuridicamente diverso da quello di “tollerabilità”) delle immissioni di rumore.



In ogni caso la giurisprudenza in tema di “tollerabilità” delle immissioni di rumore rifugge i vincoli tabellari prediligendo indagini “di caso in caso” ravvisando l’intollerabilità ex art. 844 c.c. laddove vi sia una immissione sonora distintamente udibile, non gradita, cui il soggetto è esposto in continuazione ed alla quale non ha la possibilità di sottrarsi.



Ovviamente il rumore delle campane sarà maggiormente percepito se emesso nel silenzio della notte piuttosto che in una giornata di fiera.



Insomma: la stessa campana potrebbe violare il limite della normale tollerabilità di notte ma rispettarlo di giorno.



Un fatto è certo: anche alle chiese si applica l’art. 844 cc ed il criterio della normale tollerabilità.



Tuttavia, come tra poco vedremo (paragrafo 3), la tollerabilità varia a seconda del motivo per cui suonano le campane!



2. I rimedi giuridici in caso di rumore eccessivo.



Nel caso in cui il continuo suono delle campane disturbi la quiete domestica (o addirittura il sonno!) è opportuno accertare strumentalmente l’esatta quantità di immissioni di rumore rispetto al rumore di fondo.



Per fare ciò non sarà necessario incaricare un tecnico privato che effettui i necessari rilievi (a finestre aperte, chiuse, di giorno, di notte) ma risulterà anzi consigliabile chiedere l’intervento tecnico delll’ufficio pubblico preposto al controllo ed alla tutela della salubrità ambientale: generalmente tale servizio è reso dall’Agenzia Regionale (o Provinciale per Trento e Bolzano) per la Prevenzione e Protezione Ambientale (APPA o ARPA) o anche dall’Azienda Sanitaria Locale (ASL).



Per conoscere l’ufficio pubblico di riferimento è sempre possibile contattare l’Ufficio Relazioni con il Pubblico (URP).



Una volta ottenute le rilevazioni – e confermato che il differenziale in decibel rispetto al rumore di fondo sia giuridicamente rilevante – sarà possibile adire (avvalendosi di un avvocato) il Tribunale, ove richiedere:



1. Un provvedimento cautelare urgente ex art. 700 c.p.c. che inibisca (cioè impedisca) ulteriori emissioni di rumore.



2. Il risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale (art. 2043 c.c.).



L’inquinamento rumoroso è rilevante anche dal punto di vista amministrativo. La materia è regolata dalla Legge n. 447 del 1995 (Legge quadro sull’inquinamento acustico) la quale prevede la possibilità che il Sindaco (o altra autorità secondo il principio di sussidiarietà) possa ordinare la cessazione dell’inquinamento acustico e possa comminare sanzioni amministrative da € 1.000,00 a € 10.000,00.



Da ultimo si rileva come l’inquinamento acustico possa chiamare in causa addirittura il diritto penale.



L’art. 659 del codice penale, a rubrica “disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone”, punisce con la pena dell’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a € 309,00 “Chiunque (nel nostro caso il parroco) mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici”.



Si cita, a tal proposito, la massima di una sentenza di Cassazione del 2000 (la n. 443 del 19.09.2000) secondo la quale Sussiste l’illecito (non depenalizzato) di cui all’art. 659, comma 1, c.p., nel caso di abituale diffusione, a mezzo di altoparlanti sistemati sul campanile di una chiesa, di rintocchi di campane e di altre emissioni sonore connesse allo svolgimento di funzioni religiose, con superamento dei limiti di accettabilità fissati dal d.P.C.M. 14 novembre 1997”.



L’art. 650 del codice penale, poi, a rubrica “Inosservanza dei provvedimenti dell’autorità” punisce con la pena dell’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino ad € 206,00 chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall’autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica, o d’ordine pubblico o d’igiene. Si pensi, a tal proposito, a quel parroco che non obbedisca all’ordine del Tribunale o del Sindaco di cessare o limitare lo scampanio.



In sintesi, in caso di scampanio dal volume assordante o comunque ripetuto incessantemente tutto il giorno e addirittura anche di notte, il cittadino potrà invocare tutela amministrativa (chiedendo l’intervento di ARPA e Sindaco), penale (se le campane disturbano potenzialmente una pluralità di persone o se il parroco non cessa le immissioni dopo il provvedimento inibitorio) e civile (inibizione delle immissioni e risarcimento del danno).



3. La chiesa e il diritto di uso delle campane: scopi liturgici o civili?



La legge 121/1985 ha ratificato i cosiddetti Accordi di Villa Madama, cioè quegli accordi tra la Repubblica italiana e la Santa Sede che hanno modificato il Concordato lateranense dell’11 febbraio 1929.



L’art. 2 dell’accordo recita come segue: “La Repubblica italiana riconosce alla Chiesa cattolica la piena libertà di svolgere la sua missione pastorale, educativa e caritativa, di evangelizzazione e di santificazione. In particolare è assicurata alla Chiesa la libertà di organizzazione, di pubblico esercizio del culto, di esercizio del magistero e del ministero spirituale nonché della giurisdizione in materia ecclesiastica”.



In ossequio a questo riconoscimento, la giurisprudenza italiana è di manica larga nel giudicare la tollerabilità delle immissioni rumorose derivanti dallo scampanio, soprattutto quando questo è espressione dell’esercizio del culto.



In questo senso è maggiormente tollerato lo scampanio che sia collegato a funzioni liturgiche.



Nell’ambito delle funzioni liturgiche si applica la regolamentazione del vigente diritto concordatario, ai sensi della quale la Chiesa Cattolica è autorizzata al superamento della soglia della normale tollerabilità anche in assenza di specifiche disposizioni emanate dall’autorità ecclesiastica.



Quando però lo scampanio non sia collegato direttamente a funzioni liturgiche – come ad esempio lo scandire delle ore o anche delle mezzore! – allora la Chiesa dovrà rigorosamente rispettare i limiti di legge (art. 844 c.c.).



Si cita una importante sentenza di Cassazione sul punto: la numero 2316 del 1998: “…il rumore prodotto dal suono delle campane di una chiesa, mentre al di fuori del collegamento con funzioni liturgiche può dar luogo al reato previsto dall’art. 659 c.p. non diversamente da quello prodotto da qualsiasi altro strumento sonoro, nell’ambito delle funzioni liturgiche – la cui regolamentazione, nel vigente diritto concordatario, è riconosciuta alla Chiesa cattolica – integra il predetto reato solo in presenza di circostanze di fatto che comportino il superamento della soglia della normale tollerabilità e in assenza di specifiche disposizioni emanate dall’autorità ecclesiastica intese a recepire tradizioni e consuetudini atte a meglio identificare, in relazione alla non continuità del suono e al suo collegamento con particolari “momenti forti” della vita della Chiesa, il limite della normale tollerabilità”.



In termini più semplici: se lo scampanio non è collegata ad una liturgia (es. scandire l’ora), allora è trattato dalla legge come ogni altra fonte rumorosa. Se lo scampanio è invece direttamente collegato alla liturgia allora è espressione del diritto di culto e la soglia della normale tollerabilità – pur sussistente – si alza considerevolmente.



 



4. Intervento della C.E.I. – circolare n. 33 del 2002



 



Di fatto non è ancora ben chiaro quanto i tribunali debbano essere di manica larga nel giudicare la tollerabilità del rumore prodotto dallo scampanio anche se collegato alla funzione liturgica.



A togliere le castagne dal fuoco è intervenuta la Conferenza Episcopale Italiana (C.E.I.) con la circolare n. 33 del 2002, nella quale viene dato conto dello stato della giurisprudenza e della normativa italiana (cioè anche la CEI spiega che la materia del suono della campane, tra Patti Lateranensi, diritto civile, diritto penale, tollerabilità ma attenuata in caso di liturgia) e viene suggerito ai vari vescovi di dare una regolamentazione di natura ecclesiastica alla materia.



La CEI insomma stabilisce che sia opportuno che ciascun vescovo decreti una sorta di regolamento per l’uso delle campane nelle varie parrocchie.



La Circolare 33 del 2002 offre ai vari vescovi addirittura un fac – simile di decreto vescovile nel quale stabilire tutte le regole del caso.


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