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NAPOLI: STORIA PER IMMAGINI DEL CAPOLUOGO PARTENOPEO

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Sai che a Napoli…

Sai che a Napoli… Popolare
Inviato daG.P.Altre foto da G.P.   Ultima modifica15/1/2015 17:45
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Nel 1913 fu inaugurata la prima tratta della Ferrovia Alifana, nata per collegare Napoli con la zona del Matese e precisamente con Piedimonte d’Alife (l’attuale Piedimonte Matese) da cui il nome. Il capolineaa napoletano si trovava in Piazza Carlo III proprio davanti all’edificio della stazione Alifana, ancora esistente e recentemente trasformato in hotel, di fronte a palazzo Fuga. Erano presenti due binari che si univano in uno solo attraversando la piazza all’altezza degli attuali giardinetti per poi proseguire lungo via Don Bosco (scalo merci) e da qui, attraverso una breve galleria, verso la stazione di Capodichino (un ponte è ancora visibile su Calata Capodichino), fino a toccare poi le stazioni di Secondigliano, Piscinola, Marano, Mugnano, Giugliano e via verso Aversa fino al Capolinea di Santa Maria Capua Vetere-Capua. Qui, successivamente, venne realizzata una nuova tratta che conduceva fino a Piedimonte d’Alife e che venne definita “tratta alta” per distinguerla dalla “tratta bassa” cioè quella di Napoli. Durante la Seconda guerra mondiale la tratta alta subì notevoli danni a causa di un bombardamento tedesco e solo nel 1955 fu ricostruita e ammodernata, a differenza della tratta bassa la quale non solo non subì alcun miglioramento ma anzi, dopo una serie di arretramenti del capolinea dovuti alla crescita del traffico nell’area di piazza Carlo III, venne definitivamente dismessa nel 1976.

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Inviato daG.P.Altre foto da G.P.   Ultima modifica17/8/2016 17:23
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Nell’Ottocento, la zona dell’Arenaccia compresa tra porta Capuana a via Martiri d’Otranto era detta “Imbrecciata” (ricoperta da breccia, non lastricata) ed era una zona malfamata, sede di bordelli, frequentata da malavitosi e prostitute.
Nelle case chiuse venivano offerti spettacoli erotici, le cosiddette “Tarantelle cumpricate” (complicate) o “Tarantelle d’’a ‘Mbricciata”, balli di tipo orgiastico che si svolgevano al ritmo sfrenato di nacchere e tamburi, culminanti in veri e propri congiungimenti carnali, e a cui si poteva assistere pagando solo pochi soldi.

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Inviato daG.P.Altre foto da G.P.   Ultima modifica15/1/2015 17:41
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La più antica veduta della città è raffigurata nella “Tavola Strozzi”, un dipinto olio su tavola (82x245cm) di autore ignoto, databile intorno al 1472 e conservata nel Museo di San Martino. L’opera costituiva la spalliera di un letto e fu eseguita, quale dono degli Aragona, per il mercante fiorentino Filippo Strozzi, nel cui palazzo di Firenze fu rinvenuta nel 1901. Raffigura la flotta Aragonese mentre rientra nel porto di Napoli dopo la vittoria riportata, nell'estate del 1465, al largo di Ischia, contro il pretendente al trono Giovanni D'Angiò. E’ una precisa descrizione della città in epoca Aragonese, con le sue fortificazioni, i suoi castelli e le chiese costruite in epoca angioina.

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Inviato daG.P.Altre foto da G.P.   Ultima modifica15/1/2015 17:39
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Uno dei piatti poveri della più antica e nobile tradizione era “ ‘O doje” (il due), un piatto di vermicelli conditi con solo pepe e pecorino e che quasi tutti potevano permettersi. Nell’ Ottocento, lo si poteva acquistare nei vicoli e nei fondachi della città, dal “maccaronaro” che lo vendeva, per solo due soldi (da qui il nome), al grido di “Tengo ‘o doje allattante!” (Per due soldi ho il piatto nutriente.) Con l’aggiunta di un soldo si poteva averlo ulteriormente condito con una cucchiaiata di salsa di pomodoro, senza condimento, e veniva così chiamato “tre Calibbarde” in riferimento al colore delle camice dei garibaldini.

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Inviato daG.P.Altre foto da G.P.   Ultima modifica15/1/2015 17:42
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Esisteva la “Lanterna del Molo” ed era l’antico faro del porto. C’era già dai tempi di Carlo d’Angiò ma alla fine del ‘400 fu rifatta, con l’ampliamento del molo, per volere di re Ferrante d’Aragona che impose alle imbarcazioni un nuovo dazio, il “ Ius lanternae” che serviva alla manutenzione dei fari del regno ed in particolare di quello di Napoli. Distrutta poi da un incendio, venne restaurata dal viceré duca d’Alba nel 1627. Fu abbattuta per lavori nel 1932 ma ne resta memoria, oltre che nei dipinti e in alcune foto d'epoca, anche in una nota espressione napoletana: ”Piglià 'o caxxo p''a lanterna 'o muolo”, cioè 'prendere fischi per fiaschi'.

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Inviato daG.P.Altre foto da G.P.   Ultima modifica15/1/2015 17:31
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Prima dell'inaugurazione del 'San Paolo', avvenuta nel 1959, le partite del Napoli si disputavano nello stadio oggi intitolato al giornalista 'Arturo Collana', sulla collina del Vomero. Lo stadio sorse in epoca fascista, nel 1929, col nome di "Stadio Littorio". In seguito all' Armistizio venne requisito dai tedeschi ed utilizzato come campo di concentramento in cui rinchiudere i napoletani da inviare in Germania. Nell'immediato dopoguerra fu ribattezzato per breve tempo "Stadio della Liberazione" e ritornò ad ospitare gli Azzurri fino all'inaugurazione del nuovo stadio.

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Inviato daG.P.Altre foto da G.P.   Ultima modifica15/1/2015 17:17
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Nel maggio 1985, in occasione del centenario dell'Aman, fu insatallata in piazza del Plebiscito una fontana che ricordava quella lì collocata esattamente un secolo prima e da cui, alla presenza di re Umberto I e della regina Margherita, sgorgò il primo zampillo del neonato acquedotto di Serino che ancora oggi disseta i napoletani.

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Inviato daG.P.Altre foto da G.P.   Ultima modifica15/1/2015 17:32
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Lo stadio San Paolo, inaugurato il 6 dicembre 1959, fu battezzato come “Stadio del Sole”. Successivamente cambiò la denominazione in quella attuale per celebrare la tradizione secondo la quale san Paolo sarebbe sbarcato nella zona Flegrea (Pozzuoli) nel suo viaggio verso Roma.
La partita inaugurale fu quella di campionato fra Napoli e Juventus, terminata 2-1 per gli azzurri.

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Inviato daG.P.Altre foto da G.P.   Ultima modifica15/1/2015 17:35
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A fine ‘800, arrivò il cioccolatiere piemontese di origine svizzera Isidoro Odin e qui aprì un laboratorio-bottega in via Chiaia. Isidoro produceva una scelta di cioccolatini così originale e varia che lo portò in breve tempo ad essere famoso. Al primo negozio si aggiunsero così altri due in via Toledo e poi, nel 1922, una fabbrica in via Vetriera. In seguito al matrimonio di Isidoro con Onorina Gay nascerà il marchio “Gay-Odin”. Isidoro, non avendo avuto figli, trasferirà tutti i segreti del mestiere a Giulio Castaldi il quale, a sua volta, trasferirà la fabbrica alla famiglia Maglietta che ancora oggi continua con successo l’attività . Gay-Odin, dal 1993, è stato dichiarato monumento nazionale. Una delle sue specialità più famose è la cioccolata “ foresta”, rami di cioccolato che si intrecciano.

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Nonostante il suo aspetto possa trarre in inganno circa la sua età, perché costruita ad imitazione della Basilica di San Pietro in Vaticano, la Basilica dell'Incoronata Madre del Buon Consiglio a Capodimonte è invece la più recente basilica di Napoli. La chiesa fu fortemente voluta da Maria di Gesù Landi in seguito a due eventi miracolosi: l’esposizione al popolo di un quadro della Madonna del Buon Consiglio, in suo possesso, avrebbe fermato il colera del 1884 e l’eruzione del Vesuvio del 1906. la costruzione della basilica, conosciuta anche come "la piccola San Pietro", iniziò nel 1920 e terminò nel 1960.

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  • 20/11/2008  Sono Miriam di Milano  Sono Miriam di Milano vorrei dirvi ...
  • 7/9/2008  Luisa Casalnuovo (NA) - Italia -  Ho letto le vostre rubriche eccezionali e o visto le foto sui tifosi belle
  • 7/9/2008  Luisa Volla (NA) - Italia  Coplimenti un ottimo sito non è caotico ed è molto chiaro
  • 23/8/2008  Kya  X Angela
  • 16/8/2008  Jonny  Divertente
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  • 13/8/2008  Sara  Salve leggo spesso con le mie amiche i vostri messaggi nella rubrica sotto voce
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