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Rubriche > MISTERI NASCOSTI > LA BELLA LIRA ITALIANA - L'odiato Euro, dal 28 febbraio 2002
LA BELLA LIRA ITALIANA - L'odiato Euro, dal 28 febbraio 2002
Articolo di Giuseppe Vivo pubblicato il 19/6/2012 (6242 Letture)
1000 lirePoco prima dell'entrata in vigore definitiva dell'odiato Euro, fissata al 28 febbraio 2002, cominciai già a sentire un pò di nostalgia della nostra cara vecchia lira italiana, benché avessi subìto anche io, come molti, il fascino dell'idea che un paesino come Battifolle avesse la stessa identica moneta di Ivalo, piccola città nel nord della Finlandia. Decisi quindi di scannerizzare tutte le banconote e le monete in lire che avevo a disposizione, compresa l'unica banconota da 500.000 lire che riuscii a rimediare. Metto così tutto questo a disposizione di chiunque, in ricordo di quei momenti in cui 1.500.000 lire ci sembrava uno stipendione da favola e che adesso in realtà corrisponderebbe a circa 750 euro, attuale stipendio da fame. Buona visione!
















 

























NOSTALGIA  DELLA  LIRA



La moneta che, a ragione o a torto, in molti  rimpiangono



a cura di Giuseppe Nicola Ciliberto
















































STORIA DELLA LIRA ITALIANA



L’origine della Lira è molto antica. Il suo nome deriva dal termine latino libra, un’unità di peso dei Romani equivalente a 327,45 grammi; la sua trasformazione in unità monetaria risale alle riforme di Carlo Magno che, tra il 780 e il 790, trasformò la libra in moneta per estendere dalla Francia



alle terre occupate in Italia il sistema adottato dal padre Pipino il Breve. Fu così introdotta la libbra “pesante” e da essa gli zecchieri del tempo



dovevano ricavare 240 denari d’argento di 1,7 grammi. In verità il denaro d’argento era una moneta “scomoda”: non aveva multipli e per le operazioni



di portata più rilevante, come la compravendita di terre o schiavi, ne occorrevano centinaia o addirittura migliaia.



Per evitare calcoli troppo complessi i mercanti, ma anche la gente comune, trovarono molto più pratico dire “una lira” al posto di “240 denari”. Così il concetto di lira si affermò ed ebbe diffusione nel linguaggio quotidiano, pur non esistendo nella realtà alcuna moneta con quel nome.





Per molto tempo, quindi, la lira come moneta non è esistita fisicamente, ma fungeva solo da unità di “conto” e così rimarrà per ben mille anni.



E’ curioso il fatto che la moneta italiana avrebbe conquistato quasi tutto l’Occidente cristiano del tempo fino alla Manica senza mai spingersi più a

sud di Roma, dove perdurò il sistema monetario romano-bizantino o si affermò l’influenza della moneta araba.

Nel Seicento, insieme alle decadenza economica d’Italia, si verificò anche l’anarchia monetaria. Per l’assenza di una nazione e di vitalità economica non vi era una moneta che riuscisse ad imporsi sulle altre. C’erano moltissime emissioni locali e altrettante denominazioni e metalli usati per il conio. In molti casi andò perduto addirittura il gancio nominale alla lira.

Non avremmo avuto la lira fino a qualche anno fa se, nel 1631, Vittorio Amedeo I non avesse attuato una riforma monetaria nei territori sotto il proprio dominio e non avesse “ripristinato” il calcolo in lire al posto di quello in grossi e fiorini.














1 Lira Km# 87:



Dir. Ritratto allegorico della Repubblica Italiana.

Rov.: arancia con ramo.


 







2 Lire Km# 88:



Dir. Contadino che ara.

Rov. Spiga di grano.



5 Lire Km# 89






Quasi duecento anni dopo, nel 1808, Napoleone fece coniare la prima lira italiana con un peso pari a 5 g d'argento dalla Zecca di Milano, ma la moneta ebbe vita breve perché con la Restaurazione ciascun staterello coniava la sua. Ciò pose il problema dell’imposizione della nuova moneta nei modelli e nella titolazione con la proclamazione del Regno d’Italia, ma il 17 luglio 1861 la lira piemontese, da allora "lira italiana", ebbe corso legale



in tutto il regno e il 24 agosto 1862 fu abolita la circolazione di ogni altra moneta e si decise che la lira fosse coniata con 0,29 g d'oro fino



o in argento con un peso 15,5 volte superiore. L’incisore della Zecca pose sulla nuova moneta la figura del re che assunse forme originali. Furono in seguito battute monete d’oro da 5, 10, 20 e 100 lire e monete d’argento da 20 centesimi e 1,2 e 5 lire.



Qualcuno tentò anche di cambiare nome alla lira (ci fu chi propose lo “scudo” e chi il “marengo italiano”), ma non fu accettato nessun cambiamento. Carlo Felice aggiunse la coniazione di rame, mentre il re di Sardegna Vittorio Emanuele II mantenne i valori d’oro e d’argento creati dal padre. Nell'ottobre 1936 venne attuato il cosiddetto "allineamento", che svalutò il valore della lira portandolo a 0,04677 g d'oro.La prima crisi della lira si verificò nel 1866 e fu determinata dall’enorme debito pubblico contratto dai Savoia per unificare l’Italia: per arginare la crisi il re fu obbligato ad emanare un decreto che stabiliva il corso forzoso della lira, cioè la non convertibilità tra la lira cartacea e l'equivalente in metallo prezioso, e il valore della lira rispetto all'oro venne più volte adeguato fino al 21 dicembre 1927, quando il governo dichiarò la lira convertibile in oro sulla base di 7,919 g d'oro per 100 lire, fissando la parità col dollaro in 19 lire e quella con la sterlina in 92,46 lire (quota novanta).



Nel frattempo nasceva la Banca d’Italia, che insieme al Banco di Napoli e al Banco di Sicilia, fu autorizzata ad emettere banconote.

Alla vigilia del primo conflitto mondiale, per conservare il metallo per usi bellici, furono emessi buoni di cassa con l’immagine di Vittorio Emanuele III.

La Prima Guerra Mondiale inaugurò anche una nuova era, caratterizzata da una veloce corsa all’inflazione: nel 1914 occorrevano 3,48 lire per



acquistare un grammo d’oro, nel 1921 ne servivano ben 15,68.














5 lire degli anni '50 del secolo appena trascorso







L'ultima moneta da una Lira italiana






Una successiva crisi della lira fu causata dalla Seconda Guerra Mondiale e dalla grande crisi degli Anni Trenta: fu abolito l’obbligo della copertura



in oro e Mussolini dovette compiere una svalutazione del 41%. Inoltre in questo periodo la lira si svalutò di circa il 98% rispetto al dollaro. Nel 1943,



con l’occupazione alleata dell’Italia, gli Americani istituirono una nuova moneta: l’AM-lire venne stampata nella Tipografia Renna a Palermo e solo



con la Repubblica si tornò definitivamente alla lira.

Dopo la proclamazione della Repubblica italiana, la prima serie di monete fu caratterizzata dai simboli della pace e di un paese legato al mondo agricolo: Pegaso, il ramoscello d’ulivo, il grappolo d’uva, la personificazione della Repubblica con la fiaccola della libertà. La seconda serie reca, accanto a quelli agricoli tradizionali, i simboli dell’ottimismo, della ripresa economica e di un paese industrializzato. Troviamo la bilancia simbolo di giustizia, la cornucopia simbolo dell’abbondanza, Minerva dea della saggezza e delle arti…











    



Dir.  Ritratto allegorico.

Rov. Grappolo d'uva.



5 Lire Km#90:







Dir.   Questa moneta presenta sul diritto l'immagine di Pegaso. Secondo il mito, Pegaso, il cavallo alato,



sarebbe nato dal sangue di Medusa sgorgato quando Perseo le tagliò la testa. Siccome Medusa era stata



l'amante di Poseidone (il dio del mare), questo cavallo mitologico veniva considerato un suo figlio.



Tra le altre cose, portava il fulmini di Zeus ed era cavalcato da Apollo (il messaggero degli dei).

Rov. Ramo d'ulivo.






Gli anni Cinquanta e Sessanta segnano il periodo del “boom”, della ripresa economica, tanto che la stabilità della lira fu coronata dall’Oscar monetario assegnatole dal Financial Times nel 1960. Proprio in quest’anno la lira divenne di nuovo convertibile, grazie all’ammissione al Fondo monetario internazionale, con il valore equivalente a 0,00142187 g d'oro (625 lire per un dollaro).





Con gli anni sono scomparse le monete di piccolo taglio come quelle da una e cinque lire, mentre è rimasta in circolazione per molto tempo una moneta da 500 lire in argento, sostituita poi da quella in vigore fino al 2002. Poca fortuna ebbero le mini-monete da 50 e 100 lire.

Sono esistiti anche altri mezzi di pagamento cartacei, come il biglietto di Stato e i mini-assegni.

Il biglietto di Stato da 500 lire, emesso dallo Stato e non dalla Banca, fu stampato perché le monete d’argento di pari importo erano sparite dalla circolazione, divenendo di fatto pezzi da collezione.





I mini-assegni, che circolarono negli anni ’70 e sostituivano sia la monete che le banconote, furono emessi per la carenza di monete di piccolo e piccolissimo taglio. Furono chiamati così perché, per ragioni pratiche, erano più piccoli dei tradizionali assegni del libretto. L’emissioni di questi mini-assegni durò per qualche anno e, oltre ad essere un rimedio per la carenza di spiccioli, divenne un vero e proprio affare per le banche che li mettevano



in circolazione. Infatti moltissimi di questi mini-assegni non tornarono mai alla banca per il pagamento, perché smarriti o deteriorati dall’eccessiva circolazione o perché divenuti oggetto di collezione.



E così diverse banche assunsero per anni la veste di istituti di emissione di piccoli tagli a corso forzoso, stabilito non per legge, ma con i dati di fatto. Il fenomeno cessò quando la Zecca di Stato fu in grado di far fronte alle necessità di piccoli tagli. L’ultima banconota italiana, emessa



dalla Banca d’Italia nel 1997, è stata la cinquecentomila lire raffigurante Raffaello Sanzio.





















Il primo gennaio 2002 la lira è stata affiancata dall’euro che la ha sostituita completamente due mesi dopo. Il 28 febbraio, infatti, è finita la storia della lira: è stato l’ultimo giorno in cui la moneta italiana, e le altre vecchie valute nazionali, ha avuto corso legale. Il primo marzo 2002 è iniziata l’era dell’euro,



era che ha messo fine ad una storia durata secoli, in cui la lira ha attraversato momenti di crisi come momenti di gloria.




Le origini della Lira



Come abbiamo già detto prima, il nome Lira deriva dal latino libra (libbra) che per i romani era una unità di peso pari a 327,45 grammi.

La Lira divenne unità monetaria solo più tardi con l'introduzione, da parte di Carlo Magno, della cosiddetta  libbra "pesante" (408 grammi ) nel 793 d.C.

Dalla libbra (Lira) carolingia gli zecchieri del tempo dovevano ricavare 240 denari d'argento di 1,7 grammi (l'unica moneta che a quel tempo fu veramente battuta). Per molto tempo infatti,  la Lira non è esistita fisicamente come moneta, ma, dato il suo alto valore, fungeva solo da "unità di conto".

La prima vera Lira Italiana (basata sul sistema decimale 100 centesimi = 1 Lira ), fu coniata da Napoleone nel 1808 (vedi figura).





La lira coniata da Napoleone: prima Lira italiana



Il sistema decimale fu poi recepito dal Regno di Sardegna (ma non solo da questo) e con esso si diffuse in tutta Italia.



Anche se da molti (compresi noi italiani) viene considerata una valuta debole, c'è da dire che la Lira attuale è la medesima unità di conto del 1861, anno della unificazione.



E' vero quindi che ci vogliono quasi mille lire per un marco tedesco e quasi trecento per un franco francese (solo per fare degli esempi), ma è anche vero che l'Italia non ha mai operato riforme monetarie come invece fecero i tedeschi a causa dell'iperinflazione che colpì la Germania tra le due guerre, o i francesi con l'introduzione del "franco pesante".



L'ultima lira coniata per la circolazione è stata la piccola moneta metallica che vedete qui sotto, nel 1959. Oggi continua ad essere coniata ma solo per essere inserita  nelle serie per collezionisti.











Breve guida alle monete Repubblicane Italiane

Prima serie  (1946-1950)


 



La prima serie della Repubblica è costituita da 4 monete:

1 Lira (arancia) Km#87

2 Lire (spiga) Km#88

5 Lire (uva) km#89

10 Lire (Pegaso) km#90



C'è poco da dire sulle immagini presenti su queste monete. Rispecchiano un'Italia ancora molto legata all'agricoltura, uscita stremata da una lunga guerra. Sul diritto delle monete da 1 e 5 lire compare per la prima volta la rappresentazione allegorica della Repubblica Italiana.

Nonostante la povertà del metallo usato, le serie del 1946 e 1947 sono le più rare (e costose) di tutta la monetazione Repubblicana. Attenzione però ai numerosi falsi e riconii in circolazione!



    Tutte le monete di questa prima serie furono coniate in Italma, una lega composta da alluminio ( 962°/°°), magnesio (135°/°°) e manganese (3°/°°).



    



L'ultima banconota ad essere stampata dall' Officina della Banca d'Italia



è stata quella da 5.000 lire "Bellini" nel giugno dell'anno 2000 .











I MINIASSEGNI



Negli anni 1976 e 1977 ci fu in Italia una carenza di monete di piccolo e piccolissimo taglio. La situazione si fece caotica, in particolare per il settore del commercio al dettaglio. Scattò la fantasia, sollecitata da esigenze nazionali. Le banche assursero, per 2 anni, il ruolo di istituto di emissione, stabilito non "de iure", ma con i dati di fatto. E l'operazione non fu sbagliata tanto che questi "pezzi di carta" circolanti e dal troppo maneggio quotidiano non tornarono più indietro il che ha fatto guadagnare ai banchieri.

Ma vediamo di tornare indietro e fare il punto di quella situazione.

Alcuni istituti di credito - poi seguiti da tanti altri - ebbero la felice intuizione di far stampare dei mini assegni,



da importi da 50 fino a 350 lire. 

Fu una "pagina" di storia bancaria: per ragioni pratiche questi "pezzi di carta", corrispondenti al valore indicato e garantiti a tutti gli effetti, erano più piccoli del tradizionale assegno bancario facente parte del solito carnet e furono emessi, trovando l'escamotage di non portare l'indicazione di assegno circolare ma a favore di "portatore". 



Furono due anni di adattamenti ma la formula, del tutto temporanea, ebbe a funzionare: la carenza di spiccoli venne tamponata. Questa procedura bancaria diede anche un profitto alle banche. Moltissimi dei mini assegni non tornarono più indietro all'istituto che aveva emesso questi tagliandini, perché smarriti, deteriorati per la troppa circolazione e perché incamerati dai collezionisti, con tanto di quotazioni. A tutt'oggi quel fenomeno è divenuto un oggetto-culto per gli amatori, come per la numismatica o collezioni rare di pezzi d'antichità. 





Anche nel Veneto il fenomeno trovò largo seguito: tra le banche da emettere i mini assegni ci sono da ricordare quelli della allora Cattolica del Veneto, che emise assegni circolari per conto dei commercianti ed esercenti della provincia di Venezia o di quella banca che una volta si chiamava Banca Antoniana di Padova e Trieste che stampò mini assegni, su richiesta dell'associazione commercianti di Padova. Solo due esempi, seguiti da tanti altri.




ALCUNE BANCONOTE CHE HANNO FATTO STORIA

 











































Questa procedura di pagamento si concluse quando la Zecca di Stato trasferì la gestione all'Istitiuto Poligrafico dello Stato che riprese a battere le monetine metalliche (che non sono di metallo pregiato). Ricordi della Lira di circa 30 anni fa, ma della nostra moneta c'è alle spalle tutta una storia da quando nel 1806, sotto Napoleone, fu coniata la prima lira del Regno d'Italia, anche se ebbe vita breve.



 Bisogna risalire alla nascita della Banca d'Italia, con la fusione della Banca Nazionale del Regno con la Banca nazionale Toscana e con la Banca toscana di credito, per arrivare ad una vera forma giuridica e dare legalità alla circolazione monetaria superando, di volta in volta, quella evoluzione della vecchia Europa che era piena di evoluzioni.






Per un lungo periodo nel mondo la moneta di riferimento era la sterlina, come oggi è il dollaro.



Poi le due guerre mondiali e la ricostruzione dell'Italia, il passaggio da Monarchia a Repubblica, e arriviamo ai giorni nostri.



                  



Una lunga operazione per unificare il nostro Paese renderlo più forte, entrando a pieno titolo nell'Unione Europea con l'adesione alla moneta unica, cioè l'Euro, per rafforzare l'Europa. Le nostalgie della Lira italiana ci sono e lo testimoniano i collezionisti o le dichiarazioni, per lo più di persone della terza e quarta età, che hanno vissuto la loro vita professionale, proprio usando la nostra cara Lira.


































Se potessi avere mille euro al mese...



Un bel giochetto da fare in periodo di magra. Cosa avremmo potuto comprare con uno stipendio attuale 65 anni fa?



«Se potessi avere mille lire al mese…», cantava Gilberto Mazzi, nel 1939. Il motivetto lo si potrebbe declinare oggi con un «Se potessi avere mille euro al mese»? Di certo con una tale busta paga nessuno sarebbe «certo di trovare tutta la felicità», ma al limite di dover stringere la cinghia per tirare a fine mese. Per giocare a questo gioco, laddove non arriva la fantasia può essere utile consultare le tavole raccolte dall'Istat sul nuovo volume "Il valore della moneta dal 1861 al 2003", che contiene i coefficienti di rivalutazione usati per effettuare i confronti monetari nel tempo (vedi tabella in fondo) per sapere, cioè, a quante lire o a quanti euro di oggi corrisponde una determinata quantità di lire o di euro del passato.



Si scopre così che dal primo anno catalogato dall'Istat, il 1861, il valore della moneta si è ridotto di ben 7.663 volte. In pratica se oggi con 40 euro si riempie a malapena un carrello della spesa, 40 euro del 1861 basterebbero oggi per acquistare un appartamento da 300mila euro.



Negli ultimi 25 anni, poi, il valore della moneta è diminuito di oltre 5 volte. In altri termini quello che oggi si spende per l'acquisto di un caffè, nel 1978 bastava per comprarne più di cinque. Nel 1971 la nostra moneta valeva 13,75 volte di più che nel 2003, mentre nel 1901 addirittura 7.116 volte di più. «Con queste tavole si può seguire l'evoluzione storica del valore della moneta in Italia», spiegano i tecnici dell'istituto. «Per esempio riflettono il crollo del valore della moneta a seguito delle guerre mondiali.



Se nel 1941 il coefficiente di rivalutazione era attestato a 1025, nel 1945 era già crollato ad appena 60 volte il valore del 2003». Per fare qualche esempio, una lira del 1861 ai valori attuali corrisponderebbe a poco meno di 7.664 lire, una lira del 1901 a circa 7.117 lire, una lira del 1921 a poco meno di 1.508 lire di oggi, una lira del 1955 a circa 27 lire del 2003.



Nel caso dell'anno 1939, il coefficiente da utilizzare corrisponde a 1.384,5142, il che significa che un lira di allora equivaleva a poco meno di 1.385 lire di oggi: cioè che le mille lire cantate da Gilberto Mazzi 65 anni fa erano pari a circa un milione e 385mila del 2003, ossia a circa 715 euro.



Ma alle "mille lire al mese" del famoso motivetto va aggiunto, secondo alcuni economisti, il loro valore reale in termini di potere d'acquisto, che doveva essere molto superiore a quel milione 385mila lire indicato dal crudo dato statistico.



C'è chi parla addirittura di uno stipendio nella fascia medio-alta dirigenziale, pari a una cifra oscillante fra un minimo di 2.600 e un massimo di 4.800 euro.



Altro che mille euro al mese.



COSI SI CANTAVA NEL 1939: <<Se potessi avere mille lire al mese>>



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