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Rubriche > RUBRICA MEDICA > Cartilagine Articolare
Cartilagine Articolare
Articolo di Dott. Giuseppe Arno pubblicato il 9/3/2009 (1976 Letture)
Le patologie della cartilagine articolare sono ancora difficili da trattare in ambito sportivo e sono spesso causa di abbandono dell'attività sportiva.


Donna allegra


Negli ultimi anni sono state messe a punto nuove tecniche chirurgiche di intervento, che utilizzano l'impianto di cellule cartilaginee (condrociti) "autologhi", cioè coltivati in laboratorio dopo averli prelevati dal paziente stesso. 




COSA È IL TESSUTO CARTILAGINEO?
I tessuti cartilaginei sono connettivi nei quali la sostanza intercellulare è notevolmente densa, compatta e consistente, tanto da imprigionare al suo interno le cellule, i fibrociti detti condrociti.

Le cartilagini non sono vascolarizzate, per cui le cellule possono effettuare i loro scambi metabolici solo per diffusione attraverso la sostanza extracellulare. A seconda della quantità di fibre collagene ed elastiche presenti, si distinguono tre tipi di tessuto cartilagineo:

CARTILAGINE IALINA, CARTILAGINE FIBROSA, CARTILAGINE ELASTICA.

Cartilagine IALINA: bianco – bluastra, è ricca di sostanza intercellulare in cui sono sparse fibre collagene prive di un particolare orientamento e la matrice intercellulare si presenta piuttosto omogenea, anche se diversamente colorabile, di particolare consistenza per la ricchezza in condroitinsolfato e acido ialuronico che ne assicura la idratazione. Come tutte le cartilagini non contiene vasi sanguigni e i processi metabolici cellulari sono assicurati dalla diffusione dei materiali nella matrice. Ogni formazione cartilaginea è avvolta dal pericondrio, una lamina di tessuto connettivo fibrillare denso a fasci intrecciati riccamente vascolarizzata, che durante il periodo di accrescimento contiene giovani fibroblasti capaci di trasformarsi in condroblasti e successivamente in condrociti. La cartilagine ialina riveste le superfici articolari ossee delle diartrosi, costituisce le cartilagini costali e lo scheletro della piramide nasale, della laringe, bronchi e trachea.

Cartilagine FIBROSA: biancastra, priva di pericondrio, ha la matrice particolarmente ricca di fibre collagene orientate. Può sopportare grandi sollecitazioni in trazione ed è più "rigida" rispetto alle altre. Costituisce dischi intervertebrali, menischi articolari, inserzioni tendinee e il tessuto di unione delle ossa in tutte le sinfisi.

Cartilagine ELASTICA: giallo - opaca, elastica e flessibile, presenta una matrice ricchissima di fibre elastiche, che rendono le strutture cartilaginee pieghevoli e atte a sopportare sollecitazioni angolari senza rotture. Non subisce calcificazione se non in rarissime circostanze. Costituisce lo scheletro del padiglione auricolare, della cartilagine epiglottide, della tuba di Eustachio. Nello sviluppo post-natale gran parte dello scheletro è formato da cartilagine che in seguito, con l'accrescimento, viene sostituita da tessuto osseo.


LESIONI DELLA CARTILAGINE ARTICOLARE.


Le lesioni della cartilagine articolare, post-traumatiche o degenerative, rappresentano una patologia estremamente comune, che interessa un gran numero di persone, sportivi e non, e costituisce la fase iniziale della patologia degenerativa artrosica. Le lesioni cartilaginee possono essere distinte in: lesioni condrali (coinvolgono esclusivamente la cartilagine articolare) lesioni condrali miste (associate ad alterazioni dell'osso subcondrale, sede di impianto della cartilagine articolare).


Le LESIONI CARTILAGINEE POST-TRAUMATICHE
si verificano in seguito a traumi diretti o indiretti; sono caratterizzate da "microfratture" delle trabecole dell'osso subcondrale.


Le LESIONI DEGENERATIVE
si manifestano solitamente come osteoartrosi. Tale patologia interessa tutti i costituenti dell'articolazione: cartilagine articolare, osso, membrana sinoviale e capsula articolare. Le prime alterazioni strutturali consistono nella necrosi della cellule cartilaginee più superficiali ed in seguito anche della matrice extracellulare. Tipica di questa fase è l'erosione e la conseguente ulcerazione della cartilagine, con conseguente "esposizione" dell'osso che appare più addensato (nei radiogrammi le superfici articolari sono più bianche rispetto al resto dell'osso). Ciò causa la formazione di osteofiti e cavità geodiche su entrambi i versanti articolari. L'Osteoartrosi e l'invecchiamento della cartilagine si differenziano per il diverso contenuto idrico: l'idratazione è il primo segno di una progressione irreversibile verso la degenerazione cartilaginea. Altra differenza è nell'attività enzimatica degradativa, che appare aumentata nell'artrosi, ma non nell'invecchiamento della cartilagine. Anche la sedentarietà e la limitazione del movimento porta a cambiamenti degenerativi, simili a quelli dell'osteoartrosi. Il condrocito ha bisogno infatti di continui stimoli meccanici per produrre proteoglicani, stimoli non solo legati al movimento ma anche all'applicazione di carichi compressivi graduati. Ecco perché, specialmente dopo lunghi periodi di inattività o dopo la rimozione di un apparecchio gessato è indispensabile applicare un carico ottimale per ottenere una idonea consolidazione ossea ed iniziare senza rischi la fase seguente di riabilitazione. Nelle lesioni degenerative, la cartilagine perde le caratteristiche biologiche: diventa meno elastica e va incontro a progressiva degenerazione strutturale. La prima manifestazione di sofferenza cartilaginea è un semplice "rammollimento" della stessa, seguito da una iniziale interruzione della continuità del piano cartilagineo e poi da irregolarità sempre più importanti della superficie articolare, fino alla formazione di una vera e propria artrosi.

La degenerazione della cartilagine può essere determinata da fattori meccanici o biologici. Tra i primi : alterazioni posturali e conseguente non corretto allineamento delle superfici articolari alterato asse di movimento pregresse rotture o degenerazioni di strutture complementari (menischi, legamenti ...) pregresse fratture coinvolgenti il piano articolare Le lesioni possono localizzarsi in una sola sede (rotula, femore, piatto tibiale etc.) e vengono definite monofocali, oppure possono essere plurifocali.


CRITERI DI IDONEITÀ AL TRATTMENTO

SINTOMATOLOGIA E DIAGNOSI


Le lesioni cartilaginee possono essere totalmente asintomatiche (spesso si osservano casi di grave degenerazione cartilaginea con sintomatologia dolorosa assente o modestissima) o possono manifestarsi con dolore (anche con lesioni molto piccole), versamento, sensazione di blocco o cedimento. Non esistono test clinici che ci consentono di fare diagnosi di lesione cartilaginea. La RMN è poco sensisibile soprattutto per lesioni della sola cartilagine che non coinvolgano l'osso. Solo recentemente sono stati infatti elaborati nuovi protocolli di studio della cartilagine mediante RMN che renderanno questo strumento diagnostico più attendibile. L'artroscopia in questi casi è fondamentale sia perché consente di evidenziare lesioni cartilaginee anche molto modeste, sia perché consente di palpare la cartilagine, saggiandone il grado di resistenza. A questo proposito è stato ad esempio recentemente introdotto uno strumento computerizzato in grado di valutare per via artroscopica la resistenza della cartilagine dei diversi distretti del ginocchio.

TRATTAMENTO RIABILITATVO:
Il soggetto con lesione cartilaginea deve essere sottoposto ad un programma di terapie fisiche e riabilitative il cui scopo è la mobilizzazione e il rinforzo muscolare. La ginnastica posturale, l'allenamento senza carico o con carico limitato, l'eventuale uso di ortesi plantari dinamiche possono essere utili a diminuire e modificare lo stress articolare, diminuendo l'usura delle cartilagini. Le terapie devono essere effettuate quotidianamente sia in palestra che, quando possibile, in acqua. Il lavoro attivo di rinforzo muscolare viene eseguito inizialmente solo con esercizi contro-resistenza e con tecniche di "facilitazione neuromuscolare". Gradualmente si aggiungono lavori con elastici, pesi e macchine di muscolazione. Il lavoro in catena cinetica chiusa deve iniziare precocemente cercando però di limitare il movimento negli ultimi gradi di estensione. Quando possibile si inizia la ginnastica propriocettiva e, progressivamente, il lavoro aerobico. È essenziale la stimolazione passiva dei muscoli dell'arto interessato. 



 


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