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Rubriche > RUBRICA MEDICA > IL DOLORE LOMBARE: UN NEMICO CHE SI PUÒ COMBATTERE
IL DOLORE LOMBARE: UN NEMICO CHE SI PUÒ COMBATTERE
Articolo di Dott. Gianni Fusco pubblicato il 16/11/2011 (3863 Letture)
gif10Il "mal di schiena" colpisce circa l'80% degli adulti ma solo nel 20% dei casi deriva da vere e proprie patologie vertebrali. Le cause generali dei dolori lombari sono: - atteggiamenti posturali non corretti protratti per lungo tempo (vedi anche "Posture e movimenti del corpo che causano dolori muscolari e articolari"); - movimenti del corpo ed esercizi eseguiti in maniera non corretta; - eccessiva tensione muscolare derivante da stress fisico e psicologico; - scadente tono muscolare (addominale, lombare e dorsale); - soprappeso.


IL DOLORE LOMBARE: UN NEMICO CHE SI PUÒ COMBATTERE











Il "mal di schiena" colpisce circa l'80% degli adulti ma solo nel 20% dei casi deriva da vere e proprie patologie vertebrali (Tabella).



Le CAUSE DEL DOLORE LOMBARE SONO DOVUTE GENERALMENTE a:



- atteggiamenti posturali non corretti protratti per lungo tempo (vedi anche "Posture e movimenti del corpo che causano dolori muscolari e articolari");



- movimenti del corpo ed esercizi eseguiti in maniera non corretta;



- eccessiva tensione muscolare derivante da stress fisico e psicologico;



- scadente tono muscolare (addominale, lombare e dorsale);



- soprappeso.




 



NELLO SPORT, nei periodi di maggiore intensità dei carichi di allenamento, specialmente in vista di gare importanti, alcuni atleti lamentano sintomatologie dolorose localizzate nel tratto lombo-sacrale.



Salvo casi particolari di preesistenti patologie osteoarticolari, il dolore può derivare da:



- Insufficiente riscaldamento generale e specifico. Un buon riscaldamento permette di innalzare la temperatura del muscolo e di migliorarne nel contempo l'irrorazione sanguigna, il metabolismo e la elasticità. Quindi, oltre ad un maggiore rendimento, si possono evitare stiramenti e strappi muscolari. Aumenta anche il trofismo dei tessuti privi di vasi sanguigni (cartilagini articolari e dischi intervertebrali) per cui avviene una ottimale diffusione di liquidi e substrati nutritivi. Diminuisce anche la viscosità del liquido sinoviale delle articolazioni e, di conseguenza, ne viene migliorata la funzionalità in quanto le facce articolari scorrono più facilmente.



- Residuo di tossine e congestione muscolare derivanti da inadeguata esecuzione di esercizi di “defaticamento” al termine di ogni allenamento o da scarso recupero tra un allenamento e l'altro. Vanno anche evitati esercizi di "defaticamento" che imitano il gesto tecnico che ha comportato il sovraccarico in quanto, pur essendo funzionali per l'apparato muscolare e cardiocircolatorio, mantengono i dischi in compressione.



- Squilibrio di forza e di elasticità della muscolatura deputata al fisiologico allineamento tra colonna vertebrale, bacino e femori. Questi muscoli vanno rafforzati e nel contempo mantenuti elastici, con adeguati esercizi di potenziamento e allungamento muscolare (Figura).



- Insufficiente utilizzo di esercizi di stretching muscolare e mobilità articolare dopo ogni allenamento. Lo stretching allunga e decontrae i muscoli mantenendoli estensibili, mentre gli esercizi di mobilità riportano l’articolazione ad uno stato di efficienza ottimale.



- Compressione continua delle colonna vertebrale durante e dopo l’allenamento. L’attività fisica intensa e le posture fisse (studiare, vedere la televisione, andare in macchina, ecc.) sovraccaricano senza soluzione di continuità i dischi intervertebrali compromettendone il ricambio nutrizionale e determinandone un assottigliamento per deidratazione. La nutrizione dei dischi, infatti, non avviene attraverso i capillari sanguigni ma con una azione di “pompa” (perfusione) che permette l’entrata e l’uscita di liquido. Grazie agli esercizi di scarico eseguiti a fine allenamento si ottiene una veloce reidratazione dei dischi e un afflusso di sostanze nutritive. Un discorso analogo vale anche per le altre articolazioni ove il carico fisso e prolungato ostacola il metabolismo, basato sul meccanismo di diffusione, della cartilagine ialina. 




 


PREVENZIONE







L'azione preventiva o di ristabilimento della situazione anatomo-fisiologica della zona lombo-sacrale dovrebbe seguire due direttive principali (Figura):



- Mantenere sempre forti i muscoli che flettono la gabbia toracica sul bacino (Retto dell’addome, Obliquo esterno ed Obliquo interno) e i muscoli che estendono le cosce sul bacino (Grande gluteo, Bicipite femorale nel capo lungo, Semitendinoso, Semimembranoso, Grande adduttore, Piriforme) in quanto portano il bacino in posizione di retroversione (azione delordosizzante).



  In questo modo la lordosi lombare tende ad attenuarsi ed i carichi discali vengono scaricati perpendicolarmente ed in maniera equamente distribuita su tutta la superficie delle vertebre.



- Allungare e mantenere elastici i muscoli che estendono la gabbia toracica sul bacino (Sacrospinale, Quadrato dei lombi, Spinali, Interspinali, Multifidi, Intertrasversari, Gran dorsale, Dentato posteriore inferiore) ed i muscoli che flettono le cosce sul bacino (Psoas iliaco, Retto anteriore del Quadricipite femorale, Sartorio, Tensore della fascia lata, Pettineo, Lungo adduttore, Breve adduttore, Gracile) in quanto contrastano la retroversione del bacino (azione lordosizzante).







Equilibrio del bacino sul piano sagittale














I muscoli flessori del busto e gli estensori delle cosce (a) tendono a ruotare il bacino in retroversione (rotazione in senso antiorario rispetto alla figura), quindi hanno un'azione delordosizzante per la colonna lombare.



Al contrario, i muscoli estensori del busto ed i flessori delle cosce (b) tendono a far ruotare il bacino in anteroversione (rotazione in senso orario rispetto alla figura), quindi hanno un'azione lordosizzante per la colonna lombare.



Va tenuto presente che una fascia addominale opportunamente rafforzata permette di scaricare circa il 40% del peso gravante sulle vertebre lombari.






 



METODOLOGIA




 



Muscoli addominali antero-laterali:



- Ridurre, quanto più possibile, l’intervento dei muscoli flessori delle cosce (Psoas iliaco, Sartorio, Tensore della fascia lata, Pettineo, Retto anteriore del Quadricipite femorale, Lungo adduttore, Breve adduttore, Gracile). Pertanto è necessario mantenere sempre le cosce flesse sul bacino. In questa posizione i capi di inserzione estrema di questi muscoli risultano ravvicinati e, quindi, non possono esercitare un'efficace azione dinamica (Figura).



- Il movimento di flessione del torace sul bacino e viceversa, deve tendere ad avvicinare i due capi estremi di inserzione dei muscoli antero-laterali dell'addome, quindi il pube e le creste iliache allo sterno (Figura).




 



Riduzione della tensione dei muscoli flessori della coscia















Nella posizione supina, l’allineamento delle cosce col bacino mette in tensione i muscoli flessori della cosce, in particolar modo lo Psoas iliaco (PI) che, a causa dell'inserzione prossimale sulle ultime vertebre lombari, tende a accentuare la lordosi lombare.



Con la flessione delle cosce a circa ai 60° inizia a muoversi il bacino in quanto inizia anche l'azione dinamica dei muscoli addominali (Ad). Nel contempo si determina un avvicinamento dei capi di inserzione e, quindi, l’incapacità di intervenire in maniera attiva nel movimento da parte dei muscoli flessori delle cosce. Tutto questo si evidenzia all'esterno con l'attenuazione della lordosi lombare.









Come si localizza il lavoro sui muscoli addominali











Il lavoro dinamico dei muscoli addominali inizia quando il bacino comincia a ruotare e termina con il massimo avvicinamento tra la gabbia toracica ed al pube.







Nella FLESSIONE DEL TORACE SUL BACINO si ottiene:



a) un lavoro dinamico localizzato dei muscoli addominali (a) quando la regione lombare ed i glutei rimangono a terra e la rotazione avviene intorno alle vertebre lombari;



b) un lavoro statico dei muscoli addominali (Ad) se la rotazione prosegue fino alla posizione seduta. Il proseguimento dell’azione avviene grazie ai muscoli flessori delle cosce sul bacino, soprattutto lo Psoas-Iliaco (PI) e Retto anteriore (Re) del Quadricipite femorale.



    Nella posizione intermedia, con i lombi sollevati dal suolo, il carico vertebrale lombare è notevole e raggiunge i 170-180 Kg in una persona di taglia media.







Nella FLESSIONE DEL BACINO SUL TORACE si ottiene un impegno dinamico e localizzato dei muscoli addominali quando il bacino si solleva e si avvicina il più possibile al torace, facendo perno sulle vertebre lombari. La posizione di cosce flesse permette di attenuare l’intervento dei muscoli flessori delle cosce, in particolare dello Psoas-iliaco.



L'utilizzo di un piano inclinato permette di spostare il massimo braccio di leva, quindi il carico ottimale, su diversi angoli di flessione.









Esempio di esercizi di rafforzamento



per i muscoli addominali (antero-laterali)



 







Muscoli addominali posteriori (lombari):



- I muscoli della regione lombare eviteranno di accorciarsi e si manterranno elastici se si attua un buon programma di stretching. Inoltre il rafforzamento deve essere fatto in modo che il movimento di flessione del busto sia sempre quanto più completa possibile.







Come si localizza il lavoro sui muscoli posteriori dell’addome















Per localizzazione il lavoro sui muscoli estensori del busto è necessario ruotare intorno alle vertebre lombari. Il bacino e gli arti inferiori rimangono allineati. Una rotazione intorno all’articolazione dell’anca, invece, accentua il lavoro sui muscoli estensori delle cosce.



Nella fase di massima estensione non esagerare nell’iperestensione in quanto vengono compresse le apofisi articolari delle vertebre e viene messo in forte tensione il legamento longitudinale anteriore.









Metodologia per la tonificazione e rafforzamento dei muscoli addominali antero-laterali e posteriori









Riferita al caso specifico di prevenzione, è la seguente:


- carico tale da permettere 18-25 ripetizioni per serie a quasi "esaurimento" (il carico corrispondente è di circa il 50% del massimale);



- ritmo esecutivo fluente in fase concentrica (flessione del busto) e lento e controllato in fase eccentrica (estensione del busto);



- 4-6 serie in totale;



- recupero tra le serie completo (circa 2,5-3 minuti);



- allenamento dello stesso gruppo muscolare per non meno di 2-3 sedute settimanali;



- respirazione ritmata con ogni ripetizione. Inspirare leggermente prima di iniziare la fase concentrica (flessione del busto), continuare in apnea ed iniziare la espirazione mentre sta per terminare la fase eccentrica (estensione del busto).



  Nella riabilitazione, per evitare compressioni endotoraciche (la flessione del busto in apnea solleva il muscolo diaframma che comprime il torace), si preferisce invertire la sequenza respiratoria, quindi espirare mentre avviene la flessione ed inspirare in fase di estensione del busto.






 



  Il METODO DI ALLUNGAMENTO più semplice e di notevole efficacia è lo Stretching che si applica come segue (Tabella):







Fasi esecutive dello Stretching













Fase 1: ricerca la posizione di massimo allungamento (in 6-8 secondi).




Fase 2: mantieni la posizione di massimo allungamento (per 20-30 secondi).



Evita irrigidimenti e dolore acuto.




Fase 3: ritorna alla posizione iniziale (in 6-8 sec.).









Esempio di esercizi di stretching



(vedi anche a "Stetching e mobilità articolare")











- La colonna vertebrale dovrà essere "scaricata" al termine di ogni seduta di allenamento (Figura), In modo che si ristabilisca la normale idratazione e metabolismo dei dischi. Questo si ottiene con opportuni ESERCIZI DI SCARICO E DECOMPRESSIONE DISCALE.



  Come già accennato, un discorso analogo di "scarico" vale anche per le altre articolazioni ove il carico fisso e prolungato ostacola il metabolismo, basato sul meccanismo di diffusione, della cartilagine ialina.



  Inoltre, al termine dell’allenamento vanno evitati quegli esercizi di “defaticamento”, anche se eseguiti in maniera blanda, che imitano gli esercizi che hanno portato al sovraccarico articolare.







Esempio di esercizi di scarico delle vertebre lombari e decompressione discale











La metodologia è simile a quella descritta per lo stretching portando il tempo di allongamento anche a 60 secondi e oltre.



Gli esercizi che con una posizione del corpo parzialmente sollevata e sostenuta da apposito attrezzo prevedono, ove possibile, un tempo unico di allungamento e decompressione di circa 10 minuti.






 


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