Il singolo episodio, quindi, sfocia facilmente in un vero e proprio disturbo da attacchi di panico, più per "paura della paura" che altro. La persona si trova rapidamente invischiata in un tremendo circolo vizioso che spesso si porta dietro la cosiddetta "agorafobia", ovvero l’ansia relativa all’essere in luoghi o situazioni dai quali sarebbe difficile o imbarazzante allontanarsi, o nei quali potrebbe non essere disponibile un aiuto, nel caso di un attacco di panico inaspettato.
Talvolta, diventa così pressoché impossibile uscire di casa da soli, viaggiare in treno, autobus o guidare l’auto, stare in mezzo alla folla o in coda, e cosi via.
L’evitamento di tutte le situazioni potenzialmente ansiogene diviene la modalità prevalente ed il paziente diviene schiavo del suo disturbo, costringendo spesso tutti i familiari ad adattarsi di conseguenza, a non lasciarlo mai solo e ad accompagnarlo ovunque, con l’inevitabile senso di frustrazione che deriva dal fatto di essere "grande e grosso" ma dipendente dagli altri, che può condurre ad una depressione secondaria.
Alcune cure per gli attacchi di panico
Dire semplicemente “attacchi di panico” non significa automaticamente sapere che tipo di terapia intraprendere, in quanto tutta un serie di quadri clinici sono compatibili con questo sintomo. Quindi secondo noi non ha molto senso di parlare di tecniche specifiche per gli attacchi di panico che mirano esclusivamente a neutralizzare il solo sintomo. L’individuo, se arriva a sviluppare un sintomo è perché si trova incastrato in situazioni della vita da cui non è in grado di uscire da solo, e non potrebbe essere altrimenti, visto che è l’individuo stesso che crea tali situazioni, anche se probabilmente non se ne rende conto. È per questo motivo che l’unico approccio che tratta direttamente con le cause del sintomo è l’approccio analitico.
Esistono comunque altri approcci che mirano ad escludere solo il sintomo, tramite l’uso di tecniche, che qui di seguito descriviamo brevemente. (Si veda anche curare gli attacchi di panico) Ricordiamo tuttavia che in molti casi, affrontare soltanto il sintomo, invece che le cause profonde, equivale a, per usare una metafora, coprire con una toppa una camera d’aria bucata. Toppa che può funzionare per breve tempo e che a lungo andare rende poi più difficoltosa la cura completa del sintomo e la risoluzione delle situaizioni problematiche dell’individuo.
Tecniche cognitive per curare gli attacchi di panico
La prima parte della cura è soprattutto informativa; alcune persone vengono già aiutate per il semplice fatto di comprendere esattamente che cosa è un disturbo da attacchi di panico, e che molti altri soffrono dello stesso problema. In alcuni casi, dunque, curare gli attacchi di panico significa semplicemente conoscere più approfonditamente il fenomeno. Molte persone che soffrono del disturbo da attacchi di panico temono che gli attacchi significhino che stanno “impazzendo” o che il panico possa indurre un attacco di cuore. La “ristrutturazione cognitiva” (il cambiamento del modo di pensare) aiuta le persone a rimpiazzare questi pensieri con modi più realistici e positivi di vedere gli attacchi.
Con il susseguirsi delle sessioni del trattamento le tecniche cognitive possono aiutare il paziente a identificare i possibili fattori scatenanti degli attacchi. In un caso specifico il fattore scatenante può essere un pensiero, una situazione o qualcosa di impercettibile come un leggero cambio nel battito cardiaco. Una volta che il paziente capisce che l’attacco di panico è separato e indipendente dal fattore scatenante, questo fattore comincia a perdere un po’ del suo potere nell’indurre un attacco.
Tecniche comportamentali per curare gli attacchi di panico
La componente comportamentale della terapia può consistere in ciò che un gruppo di clinici ha definito “esposizione interocettiva” (o anche esposizione enterocettiva). Questa è simile, per alcuni aspetti, alla desensibilizzazione sistematica usata per curare le fobie, ma ciò su cui si concentra è l’esposizione delle sensazioni fisiche che qualcuno sperimenta durante un attacco di panico.
Le persone con il disturbo da attacchi di panico sono più spaventate dall’attacco vero e proprio che da oggetti o eventi; per esempio, spesso la loro paura di volare non consiste nel pensare che l’aereo possa cadere, ma nel pensare di poter avere un attacco di panico in un posto, l’aereo appunto, in cui non possono ricevere aiuto. Altri non bevono caffè o non vanno in un ambiente surriscaldato perché temono che questi possano scatenare i sintomi di un attacco di panico.
L’esposizione interocettiva può aiutare queste persone a sperimentare i sintomi di un attacco (frequenza cardiaca elevata, vampate di calore, sudorazione, e così via) in condizioni controllate e insegnare loro che questi sintomi non devono necessariamente svilupparsi in un attacco completo. Le tecniche comportamentali vengono usate anche per trattare gli evitamenti situazionali associati con gli attacchi di panico. Un trattamento per le fobie efficace è l’esposizione dal vivo, che nei termini più semplici significa frantumare una situazione spaventosa in passi piccoli e maneggevoli facendone uno per volta finché viene padroneggiando il livello più difficile. Va detto tuttavia che questa tecnica in passato si è rivelata inutilmente traumatica, e nel caso si debbano curare gli attacchi di panico nello stesso soggetto, le tecniche più consigliate rimangono altre (come la desensibilizzazione sistematica immaginativa usata in ipnosi o in autoipnosi, per esempio).
Le tecniche di rilassamento possono aiutare ulteriormente qualcuno a superare un attacco di panico. Queste tecniche includono una rieducazione alla respirazione e la visualizzazione positiva. Alcuni esperti hanno scoperto che le persone con disturbo da attacchi di panico tendono ad avere una frequenza di respirazione leggermente più alta del normale. Imparare a rallentare la frequenza respiratoria può aiutare qualcuno ad vincere gli attacchi di panico e può anche prevenire futuri attacchi.
Rimedi per gli attacchi di panico (I): i farmaci
In alcuni casi possono servire anche i farmaci. Possono essere prescritti farmaci ansiolitici così come antidepressivi e qualche volta farmaci per le cardiopatie (come i beta-bloccanti) che vengono usati per controllare il battito cardiaco irregolare.
Rimedi per gli attacchi di panico (II): i gruppi di discussione
Infine un gruppo di supporto con altri che soffrono di disturbo da attacchi di panico può essere molto utile per alcune persone. È stato riscontrato che anche in caso di comunità virtuali, il senso di accoglienza e la condivisione di problematiche comuni può avere alcuni effetti benefici. Naturalmento questo non può prendere il posto di una terapia, ma può essere un’utile aggiunta.
Se si soffre di disturbo da attacchi di panico, queste terapie possono aiutare. Ma non si possono fare da soli; tutti questi trattamenti devono essere strutturati e prescritti da uno psicoterapeuta regolarmente iscritto all’albo nazionale.
Durata della terapia necessaria per vincere gli attacchi di panico definitivamente
Soprattutto con le terapie di tipo cognitivo o comportamentali, il successo del trattamento dipende soprattutto dalla buona volontà di seguire il piano del trattamento prescritto. Dalla quantità e qualità degli esercizi svolti, che a volte possono essere veramente invasivi, come quello di tenere diari durante l’arco della giornata. Spesso gli psichiatri e gli psicologi cognitivo-comportamentali, fissano un numero limitato di sedute, di solito abbastanza ristretto, tipo 10 – 20 sessioni, spiegando in anticipo che i risultati dovrebbero arrivare ma, se non arrivano, allora si fa di nuovo il punto della situazione e si stabilisce un altro piano di trattamento. L’individuo si trova così indotto a seguire un altro piano di trattamento, finché, se i risultati non arrivano, non perde la fiducia nella psicoterapia tour-court e si rassegna al sintomo o alla dipendenza da farmaci.
Bisogna tenere in mente, comunque, che il disturbo da attacchi di panico, come ogni altro disturbo emozionale, non è qualcosa che ci si può diagnosticare o curare da soli. Uno psicoterapeuta o uno psichiatra esperti sono le persone più qualificate per fare la diagnosi, così come sono gli unici professionisti qualificati per trattare questo disturbo. Queste pagine sono state pensate per rispondere alle domande più basilari riguardo il disturbo, ma se si vogliono avere delle informazioni più complete per curare gli attacchi di panico, allora occorre andare a trovare uno psicoterapeuta esperto
Una terapia per il disturbo di panico
L’assunto è che con le tecniche adeguate non c’è bisogno di percorsi molto lunghi e costosi. Solitamente, anche se la terapia si può prolungare, la maggior parte dei risultati avvengono in tempi relativamente brevi. La terapia viene costruita su misura dell’individuo, all’interno di un setting che si prende cura dell’individuo visto come soggetto, non come contenitore di sintomi.
Vale la pena far notare che, sebbene possa essere necessario assumere dei farmaci, la loro prescrizione troppo frettolosa, soprattutto in assenza di una terapia psicologica può essere dannosa.
La terapia per gli attacchi di panico può essere vista come la preparazione fisica di un calciatore precedentemente infortunato da parte del suo allenatore, il coach della squadra, in vista del suo rientro in campo. Questa metafora è corretta da diversi punti di vista, che vale la pena evidenziare.
Il calciatore, a causa del suo infortunio, non è in grado di funzionare come prima, così la persona che soffre di attacchi di panico ha delle limitazioni nella sua vita lavorativa, sociale, personale. Diciamo che torna a bordo campo con il gesso ad una gamba per vedere gli altri giocare.
Per continuare questa metafora, immaginiamo che il calciatore in questione non sappia che il suo infortunio possa essere guarito o che non sappia come fare. Poniamo che il calciatore dopo essersi fatto mettere il gesso alla gamba da un medico, abbia provato da solo rimedi errati come rifiutandosi di togliere il gesso per cercare di evitare il dolore, cercando finanche di allenarsi con il gesso e finendo magari con lo stare immobile sulla panchina per paura di farsi ancora più male. Il cliente comincia a prendere farmaci tranquillanti, poi non ne può fare a meno. E anche così dopo un po’ continua ad avere gli attacchi di panico. Quindi aumenta la dose, a volte anche senza un parere medico, e questo potrebbe andare avanti per anni, se non si decide, prima o poi, a fare una terapia psicologica sotto il controllo di uno psicologo o di uno psichiatra che abbia un’adeguata preparazione psicoterapeutica.
Più il calciatore infortunato continua a portare il gesso e a stare seduto immobile, però più qualunque movimento risulta essere doloroso, con i muscoli che hanno cominciato ad atrofizzarsi e non sanno che dovrebbero fare fisioterapia… Alcune persone che soffrono di disturbo di panico da tanti anni si trovano in una situazione dolorosamente analoga. Le dosi dei farmaci aumentano con lo scorrere del tempo, mentre sembrano aumentare, dopo situazioni di temporaneo miglioramento, sia la frequenza che l’intensità degli attacchi di panico.
A qualcuno questa metafora paradossale sembrerà sinistramente familiare, purtroppo. Eppure molto spesso qualcuno di noi è portato a pensare, spesso grazie ad esperienze sbagliate con operatori del settore, sia medici che psicologi (magari ottimi professionisti ma con un approccio terapeutico non orientato alla risoluzione di questo disturbo), che per il panico in alcuni casi non c’è speranza. Questo non è mai vero. Anche se non è possibile promettere la guarigione completa a tutti, è quasi sempre vero che la situazione, con una terapia psicologica adeguata, può migliorare sempre. Casomai può essere una questione di durata più o meno lunga della terapia.
Tecniche
E’ nostra personale opinione, dopo aver considerato la letteratura scientifica in merito a vari studi e metastudi sulla comparazione dei trattamenti di persone sofferenti di disturbi di ansia e di attacchi di panico in particolare, che l’uso della psicoanalisi è in grado non solo di risolvere in un tempo relativamente breve il sintomo in sé, ma anche e soprattutto le situazioni che complicano la vita al soggetto e che, in ultima istanza, sono ciò che porta l’insorgenza del sintomo.
Diagnosi dinamica
I percorsi individuali patogenetici che portano al disturbo di panico possono essere più di uno. Una situazione di dipendenza da una figura genitoriale, un cambiamento inatteso o non voluto in uno dei momenti cruciali della propria vita, il semplice apprendimento di un comportamento (quello dell’attacco di panico) imparato da altri componenti della famiglia, una situazione particolarmente stressante, una parte di sé che non accetta uno stato di cose ritenuto fino ad allora adeguato.
Anche se apparentemente l’individuo è perfettamente tranquillo e non è affatto ansioso, a volte un piccolo trauma o una delusione possono dare luogo al primo attacco di panico. Se per le cause appena menzionate, al primo seguono altri attacchi di panico, a prescindere da quale sia la reale causa sottostante, si può instaurare il meccanismo patologico del disturbo di panico.
Un colloquio attento ai dettagli può aiutare a inquadrare la situazione generale dell’individuo rispetto agli attacchi di panico senza interpretarla o forzarla in uno stereotipo. Ogni individuo è diverso da ciascun altro, e la diagnosi ha lo scopo di raccogliere informazioni, un po’ per volta, intervenendo contemporaneamente in maniera terapeutica.
Durata della terapia
La terapia non prevede un numero definito di incontri, perché questo numero dipende in gran parte dagli individui e da come si affronta la terapia. La durata, comunque, dipende in maniera preponderante da quanto tempo si soffre del disturbo di panico.
Se ci sono persone che ne soffrono da parecchi anni, è più difficile che queste possano guarire completamente in tempi molto rapidi. Anche se in molti casi alcuni, risultati importanti si possono vedere dopo poche sedute, come una riduzione dei farmaci tranquillanti, oppure della frequenza degli attacchi di panico, oppure dell’intensità degli attacchi di panico, oppure della durata dell’attacco di panico.
Se gli obiettivi del soggetto dovessero essere irrealistici il terapeuta, come l’allenatore della metafora, se vede il calciatore particolarmente motivato, può decidere, senza per questo mettere a rischio l’incolumità del suo protetto, di prepararlo per una partita importante che si tiene in un tempo molto ristretto. Se allenatore e calciatore hanno visto giusto, l’allenamento specifico risulta efficace e il calciatore può giocare almeno in parte la partita, e l’obiettivo sportivo viene raggiunto. Fuori di metafora, questo significa che se il cliente e il terapeuta raggiungono l’obiettivo concordato nei tempi prefissati, il paziente può continuare ad intervalli via via maggiori dopo che, secondo il terapeuta, avvengono le condizioni adatte.
Naviga negli articoli | |
L’allattamento al seno | INFLUENZA - La prevenzione con il vaccino antinfluenzale e la terapia farmacologica |
|