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Sai che a Napoli…

Sai che a Napoli… Popolare
Inviato daG.P.Altre foto da G.P.   Ultima modifica15/1/2015 17:42
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Esisteva la “Lanterna del Molo” ed era l’antico faro del porto. C’era già dai tempi di Carlo d’Angiò ma alla fine del ‘400 fu rifatta, con l’ampliamento del molo, per volere di re Ferrante d’Aragona che impose alle imbarcazioni un nuovo dazio, il “ Ius lanternae” che serviva alla manutenzione dei fari del regno ed in particolare di quello di Napoli. Distrutta poi da un incendio, venne restaurata dal viceré duca d’Alba nel 1627. Fu abbattuta per lavori nel 1932 ma ne resta memoria, oltre che nei dipinti e in alcune foto d'epoca, anche in una nota espressione napoletana: ”Piglià 'o caxxo p''a lanterna 'o muolo”, cioè 'prendere fischi per fiaschi'.

Sai che a Napoli…

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Inviato daG.P.Altre foto da G.P.   Ultima modifica15/1/2015 17:41
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La più antica veduta della città è raffigurata nella “Tavola Strozzi”, un dipinto olio su tavola (82x245cm) di autore ignoto, databile intorno al 1472 e conservata nel Museo di San Martino. L’opera costituiva la spalliera di un letto e fu eseguita, quale dono degli Aragona, per il mercante fiorentino Filippo Strozzi, nel cui palazzo di Firenze fu rinvenuta nel 1901. Raffigura la flotta Aragonese mentre rientra nel porto di Napoli dopo la vittoria riportata, nell'estate del 1465, al largo di Ischia, contro il pretendente al trono Giovanni D'Angiò. E’ una precisa descrizione della città in epoca Aragonese, con le sue fortificazioni, i suoi castelli e le chiese costruite in epoca angioina.

Sai che a Napoli…

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Inviato daG.P.Altre foto da G.P.   Ultima modifica15/1/2015 17:39
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Uno dei piatti poveri della più antica e nobile tradizione era “ ‘O doje” (il due), un piatto di vermicelli conditi con solo pepe e pecorino e che quasi tutti potevano permettersi. Nell’ Ottocento, lo si poteva acquistare nei vicoli e nei fondachi della città, dal “maccaronaro” che lo vendeva, per solo due soldi (da qui il nome), al grido di “Tengo ‘o doje allattante!” (Per due soldi ho il piatto nutriente.) Con l’aggiunta di un soldo si poteva averlo ulteriormente condito con una cucchiaiata di salsa di pomodoro, senza condimento, e veniva così chiamato “tre Calibbarde” in riferimento al colore delle camice dei garibaldini.

Sai che a Napoli...

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Inviato daG.P.Altre foto da G.P.   Ultima modifica15/1/2015 17:35
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A fine ‘800, arrivò il cioccolatiere piemontese di origine svizzera Isidoro Odin e qui aprì un laboratorio-bottega in via Chiaia. Isidoro produceva una scelta di cioccolatini così originale e varia che lo portò in breve tempo ad essere famoso. Al primo negozio si aggiunsero così altri due in via Toledo e poi, nel 1922, una fabbrica in via Vetriera. In seguito al matrimonio di Isidoro con Onorina Gay nascerà il marchio “Gay-Odin”. Isidoro, non avendo avuto figli, trasferirà tutti i segreti del mestiere a Giulio Castaldi il quale, a sua volta, trasferirà la fabbrica alla famiglia Maglietta che ancora oggi continua con successo l’attività . Gay-Odin, dal 1993, è stato dichiarato monumento nazionale. Una delle sue specialità più famose è la cioccolata “ foresta”, rami di cioccolato che si intrecciano.

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Inviato daG.P.Altre foto da G.P.   Ultima modifica15/1/2015 17:33
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Nonostante il suo aspetto possa trarre in inganno circa la sua età, perché costruita ad imitazione della Basilica di San Pietro in Vaticano, la Basilica dell'Incoronata Madre del Buon Consiglio a Capodimonte è invece la più recente basilica di Napoli. La chiesa fu fortemente voluta da Maria di Gesù Landi in seguito a due eventi miracolosi: l’esposizione al popolo di un quadro della Madonna del Buon Consiglio, in suo possesso, avrebbe fermato il colera del 1884 e l’eruzione del Vesuvio del 1906. la costruzione della basilica, conosciuta anche come "la piccola San Pietro", iniziò nel 1920 e terminò nel 1960.

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Inviato daG.P.Altre foto da G.P.   Ultima modifica15/1/2015 17:32
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Lo stadio San Paolo, inaugurato il 6 dicembre 1959, fu battezzato come “Stadio del Sole”. Successivamente cambiò la denominazione in quella attuale per celebrare la tradizione secondo la quale san Paolo sarebbe sbarcato nella zona Flegrea (Pozzuoli) nel suo viaggio verso Roma.
La partita inaugurale fu quella di campionato fra Napoli e Juventus, terminata 2-1 per gli azzurri.

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Inviato daG.P.Altre foto da G.P.   Ultima modifica15/1/2015 17:31
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Prima dell'inaugurazione del 'San Paolo', avvenuta nel 1959, le partite del Napoli si disputavano nello stadio oggi intitolato al giornalista 'Arturo Collana', sulla collina del Vomero. Lo stadio sorse in epoca fascista, nel 1929, col nome di "Stadio Littorio". In seguito all' Armistizio venne requisito dai tedeschi ed utilizzato come campo di concentramento in cui rinchiudere i napoletani da inviare in Germania. Nell'immediato dopoguerra fu ribattezzato per breve tempo "Stadio della Liberazione" e ritornò ad ospitare gli Azzurri fino all'inaugurazione del nuovo stadio.

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Inviato daG.P.Altre foto da G.P.   Ultima modifica15/1/2015 17:29
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In via Luigia Sanfelice, sulla collina del Vomero, Eduardo Scarpetta si fece costruire una villa in stile neorinascimentale a cui diede il nome di ‘La Santarella’. Il nome deriva dal fatto che l’edificio fu realizzato con gli incassi della commedia “‘Na Santarella” la quale ebbe un enorme successo. Di forma simile ad un piccolo castello, ha ai lati quattro torrette sporgenti in altezza che, a detta dello stesso Scarpetta, facevano sembrare la villa “nu cumò sotto e 'ncoppa”. Sulla facciata campeggia la scritta “Qui rido io” che il commediografo fece apporre volendo intendere che se a teatro era la gente a ridere alle sue battute, in quel luogo di delizie era lui a ridersela. Ma “La Santarella” fu venduta solo qualche anno più tardi perché la moglie aveva paura a starci da sola quando il marito era in tournée.

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Inviato daG.P.Altre foto da G.P.   Ultima modifica15/1/2015 17:27
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La tombola nacque nel 1734 quando re Carlo III di Borbone ufficializzò il gioco del lotto (che era abusivo) per convogliarne gli introiti nelle casse dello stato ma fu costretto, spinto dalla Chiesa, a prescriverne la sospensione nella settimana natalizia per evitare distrazioni dalle preghiere. Allora il popolo si organizzò: racchiuse i novanta numeri in un ‘panariello’ di vimini e disegnò le cartelle, rendendo così il lotto pubblico un gioco familiare.
Ai novanta numeri del gioco furono dati significati diversi, quasi tutti allusivi e talvolta scurrili. Molto famose erano le tombolate dei "femminielli" (tradizione folkloristica rispolverata) i quali venivano fatti partecipare nel ruolo di “chiamante”, cioè chi estrae il numero, poiché diffusa era la credenza che il femminiello fosse portatore di una ‘carica magica’ e di fortuna, qualità che i greci attribuivano agli ermafroditi, considerati esseri superiori perché figli della bellezza (Afrodite) e della forza (Ermes).

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Inviato daG.P.Altre foto da G.P.   Ultima modifica15/1/2015 17:25
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Nel Seicento venne collocato accanto al Palazzo Reale, proprio in cima all’attuale via Cesario Console, un colossale busto marmoreo (integrato poi con arti in legno) raffigurante Giove e rinvenuto a Cuma. La statua divenne presto una sorta di Pasquino partenopeo, ovvero una statua ‘parlante’ attraverso la quale si esprimeva il popolo che vi affiggeva nottetempo biglietti con satire verso le autorità. Il colosso divenne per tutti ‘O Ggigante ‘e Palazzo’ e la strada alle sue spalle ‘ ‘A discesa d’’o Ggigante’. Agli inizi dell’Ottocento però, Gioacchino Murat ne ordinò il trasferimento al Museo Archeologico dove si trova tuttora.

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  • 7/9/2008  Luisa Casalnuovo (NA) - Italia -  Ho letto le vostre rubriche eccezionali e o visto le foto sui tifosi belle
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