Marito tradito, la figlia non è sua Giudice: obbligato a darle il cognome
Categoria : RUBRICA LEGALE
Pubblicato da Avv. Carlo Vitaliano in 19/3/2011
Il marito tradito deve lasciare il nome alla bimba fino ai 18 anni. Il motivo: "Oggi è piccola e sarebbe un trauma troppo forte.


Avv. Carlo VitalianoArianna non sa che quell’uomo che ha sempre chiamato papà, in realtà non è biologicamente suo padre. Qualcuno proverà forse a spiegarglielo, ma intanto Arianna (nome di fantasia), 6 anni, continuerà a portare lo stesso cognome con il quale è stata registrata quando è nata. Sul suo certificato di nascita sarà scritto che quel papà non è il suo papà, ma lei fino ai 18 anni non sarà obbligata a cambiare il suo cognome. Alla maggiore età poi sarà lei che deciderà se quel rapporto di affetto e di amore potrà continuare ad essere sancito anche da un vincolo anagrafico oppure no. Così ha deciso il tribunale civile di Monza che, con una sentenza apripista ha sancito che di fronte a un disconoscimento di paternità non segue, automaticamente, la variazione del cognome del bambino.




In particolare il Tribunale ha invocato «il diritto del figlio naturale di mantenere il cognome, del quale era in precedenza titolare, quando lo stesso sia divenuto un autonomo segno distintivo della sua identità personale». Il procedimento del quale si sono occupati i giudici della IV sezione civile ha preso avvio dalla richiesta da parte del Tribunale dei minorenni di Milano di vederci chiaro sulla reale paternità di Arianna. Entrambi i genitori avrebbero voluto infatti l’affidamento della bimba dopo la separazione. Proprio l’eccessiva litigiosità della coppia aveva costretto gli assistenti sociali a far intervenire il Tribunale che però si era trovato di fronte la prima sorpresa. La madre aveva infatti confessato che quella bambina non era figlia naturale del suo ex marito. La prova del Dna non lasciava margini di dubbio: nessuna connessione biologica tra Arianna e il presunto padre. Da qui la richiesta di disconoscimento di paternità. «La bambina ha diritto di sapere chi è il suo padre naturale - spiega il curatore della bimba, ma nello stesso tempo il Tribunale dimostrando grande sensibilità non ha voluto interferire nel legame che ormai si è creato fra Arianna e il padre. Il cambio del cognome è sicuramente un fatto traumatizzante per una bimba che il prossimo anno frequenterà la prima elementare.

Si è voluto lasciare alla figlia la possibilità di decidere e valutare, quando avrà l’età per farlo, l’intensità di quel rapporto, evitando inutili traumi. L’importanza di questa pronuncia sta, dunque, nel fatto di sottolineare, per la prima volta, l’assenza di automatismo giuridico tra intervenuto disconoscimento e modifica del cognome». «È evidente, infatti, - si legge nella sentenza - che se il nome, (inteso nelle sue due componenti) è elemento identificativo della persona, ogni modificazione dello stesso è suscettibile di incidere sulla persona che identifica e sulla percezione che questa ha del sé, in relazione con il mondo esterno». Ma non solo.




Il tribunale di Monza bacchetta la pretesa del padre di «voler continuare a mantenere il rapporto con Arianna subordinando però l’assunzione degli impegni economici alla decisione del Tribunale di confermare o meno la sua paternità» come «egoistica» e «che evidentemente mal si attaglia con il bene della bambina».