Qualche giorno dopo mi chiamano per una denuncia fatta contro di me. La mia ex ha dichiarato che io ero passato da lei e avevo rotto la porta perché volevo entrare per picchiarla. Fortuna che alla stessa ora io stavo a fare un turno di lavoro extra di cui lei non era a conoscenza. Se l’era calcolato bene, sapendo che sarei stato a casa, sicuramente da solo, così ha messo un po’ in disordine per crearmi una montagna di problemi. Diceva che io ero lo stalker e invece la stalker era proprio lei.
Le sue minacce sempre presenti: ti faccio chiudere in galera, ti rovino la reputazione, dovrai cambiare strada, città, nazione, pianeta, non vedrai mai tuo figlio, non te lo meriti, tutti sanno che razza di bastardo sei. E io ero terrorizzato perché leggevo nei volti altrui la sfiducia che cresceva. Più lei mi creava danno e più mi giudicavano un folle visionario che in realtà perseguitava lei. Avete una vaga idea di quel che vuole dire, per uno come me che non ama la rissa e che per i litigi sbatteva la porta e usciva per non sentire gli urli, svegliarsi all’alba o essere monitorato al lavoro con la polizia che arrivava a tutte le ore o che chiamava il capo, i colleghi, i vicini, e non potete capire quanto è dura trovare un po’ di comprensione quando tutti pensano che tu sei il carnefice perché è lei a dichiararlo.
La paura è una cosa brutta, ti piega e ti fa diventare timoroso per qualunque cosa, perciò non osavo fare nulla, perché più tentavo di difendermi e più venivo trascinato giù, nel suo vortice di follia. Come quando provi a salvarti mentre il vortice ti risucchia giù e comunque anneghi. Stavo annegando, lei stava per vincere, perché aver chiuso con lei mi è costato tutto e non voleva restituirmi neppure la mia vita. Per un po’ provai a cambiare tattica. Andai a vivere con altra gente così lei non poteva simulare nulla in presenza di testimoni. Andavo al lavoro con un collega che arrivava da me e io gli davo un passaggio in macchina. Uscivo poco e nelle mie serate solitarie ho conosciuto la sorella di un mio coinquilino. Rimase una notte, poi due, diventarono mesi di frequentazione e allora ci decidemmo a prendere una casa insieme perché pensavo che mai la mia ex avrebbe osato rompere il cazzo mentre c’era un’altra.
Nel frattempo, chiaramente, non potevo vedere mio figlio e aspettavo con pazienza il giorno in cui lei si sarebbe calmata. Saltai un mese di mantenimento per il piccolo e la feci avvertire dall’avvocato chiedendole la cortesia di aspettare il mese dopo e le avrei dato tutto assieme. La “madre di mio figlio” ha avuto il coraggio di mandarmi la polizia e di farmi minacciare dal suo avvocato. Un giorno, non so come, scoprì qual era il nuovo numero di telefono e chiamò con la scusa di far parlare il bambino con me. Sapeva che a quell’ora ero al lavoro. Rispose la mia nuova compagna e gliene disse di tutti i colori. La chiamò zoccola, troia, l’intimidì a sufficienza, le disse che mai e poi mai mi avrebbe fatto vedere il figlio finché c’era lei, un’estranea, e la mia compagna le rispose che non me lo faceva vedere neppure prima e che comunque era lei a perderci. Avere una babysitter gratis ogni tanto poteva servirle – così le disse – “perché forse se esci butti via un po’ di veleno e torni felice anche tu così siamo tutti più contenti”.
La mia compagna non è stupida e alla mia ex non è mai andato giù il fatto che io abbia trovato una persona intelligente che mi ama. Aveva detto a tutti che io sarei rimasto sempre solo e che ero una persona orribile. Così disse in giro che la mia nuova compagna doveva essere una imbecille, una zitella, una di quelle che non se la pigliava nessuno e altri insulti sessisti dello stesso tipo. A me non interessa vantarmi per rispondere alle cazzate che dice la mia ex ma io ero l’ultimo che pensava di poter godere della amicizia e poi dell’amore di questa donna piena di amici e di persone che le vogliono bene.
Insomma la mia ex rosicava e rosicava tanto. Gelosa all’infinito, per cui o ero suo o di nessun altra. Ho anche temuto che facesse male alla mia compagna e ho sempre fatto di tutto per smorzare i toni e non darle soddisfazione. Poi venne il giorno in cui il tribunale decise che lei non era stata affatto una brava cittadina e madre dato che non aveva rispettato i turni di visita che erano dovuti a nostro figlio. Fu costretta a farmelo vedere, non senza scenate e senza opposizioni da parte del suo padre padrone che doveva proteggerla dall’orco cattivo quando in realtà l’orco era lui.
Devo ancora fare tanti sacrifici per stare con mio figlio e vivere la mia nuova vita e ancora sposto mobili, tengo le finestre socchiuse e ho paura, mi sento sotto assedio, sono una vittima di stalking. Peccato, davvero, peccato che nessuno mi creda.
Ps: questa è una storia vera. Grazie a chi me l’ha raccontata. Ogni riferimento a cose, fatti e persone è puramente casuale.