Conoscere il diabete
Categoria : RUBRICA MEDICA
Pubblicato da Anna Pupa in 11/9/2008
Definizione e criteri diagnostici - Il Diabete Mellito è una condizione caratterizzata da un patologico aumento della concentrazione di glucosio nel sangue. Responsabile di questo fenomeno è un difetto assoluto o relativo di insulina, ormone secreto dalle insule di Langherhans del pancreas ed indispensabile per il metabolismo degli zuccheri. Si ritiene normale la glicemia fino al valore di 110 mg/dl, i valori compresi fra 110 e 125 definiscono la condizione di alterata glicemia a digiuno (IFG). Valori di glicemia uguali o superiori a 126 mg/dl.

Corpo umano


 Sono sufficienti secondo l'American Diabetes Association a porre diagnosi di diabete. La diagnosi di Diabete è certa con un valore = a 200 mg/dl, rilevato in qualunque momento della giornata o due ore dopo un carico di glucosio. Valori di glicemia compresi fra 140 a 200 dopo un carico di glucosio definiscono invece la ridotta tolleranza al glucosio (IGT). IFG ed IGT possono evolvere nel tempo verso un Diabete conclamato.


La vera spada di Damocle del diabetico sta nel rischio che la sua patologia possa degenerare nelle "complicanze", spesso legate alla durata e al compenso metabolico.

Gli organi bersaglio sono l'occhio, il rene, il sistema nervoso e il sistema cardiovascolare.



Il disturbo oculare più frequente è la retinopatia emorragico-essudativa, mentre il più importante è la retinopatia proliferativa, responsabile della perdita o di una grave riduzione della vista. Quest'ultima richiede, data la sua gravità, interventi tempestivi. Gran parte dei diabetici presenta segni di retinopatia, una lesione dei vasi sanguigni nella parte posteriore dell'occhio, entro dieci anni dall'insorgere del diabete.



Altra complicanza è la nefropatia diabetica, che colpisce il rene al punto che questo organo non filtra adeguatamente le scorie del metabolismo. Nella sua forma più lieve interessa una buona percentuale di diabetici, di cui una quota degenera nell'insufficienza renale al punto da richiedere il trapianto del rene.



La neuropatia è invece una malattia del sistema nervoso: colpisce circa il 30% dei diabetici e si presenta sotto forma di intorpidimento e formicolio agli arti, dolori tipo crampo ai polpacci, specialmente notturni, diminuita sensibilità e comparsa di ulcerazioni alla pianta dei piedi. Può degenerare nel piede diabetico, determinato da lesioni vascolari e nervose che provocano gravi deformazioni ossee e disturbi della vascolarizzazione terminale.



Le complicanze del sistema neurovegetativo possono determinare disturbi intestinali (diarrea), vescicali (incontinenza urinaria) e sessuali (impotenza). Infine possono manifestarsi nei diabetici anche forme di coronaropatia e vasculopatia cerebrale (infarto acuto del miocardio, ma anche espressione cronica dell'angina pectoris, e ictus cerebrale).



Può sembrare un paradosso, ma le complicanze a distanza sono meno temibili nelle forme più conclamate. Questo perché il diabete conclamato consente una diagnosi e trattamento tempestivo, mentre una forma a lungo inapparente rimane misconosciuta e mina indisturbata gli organi bersaglio. Da qui l'imperativo categorico di una terapia che mantenga la glicemia nella normalità evitando fluttuazioni e picchi iperglicemici, che sarebbero la causa principale delle complicanze.





Una patologia cronica quale il diabete comporta anche particolari difficoltà psicologiche, trattandosi di una condizione fisica con la quale si deve imparare a fare i conti quotidianamente.

Primo fondamentale problema è l'accettazione della diagnosi, spesso accolta da un vero e proprio rifiuto: per superarlo, il paziente deve quindi riuscire ad arrivare ad assumersi la responsabilità della propria salute, convincendosi che, se seguirà con regolarità e attenzione la terapia, le norme di autocontrollo e i corretti comportamenti alimentari, potrà gestire bene la situazione.

In altre parole, che la possibilità di stare bene, pur con il diabete, c'è ed è nelle sue mani. Essenziali in questa fase sono l'aiuto del diabetologo e dello psicologo, ma anche la condivisione dell'esperienza con altri diabetici.

Ulteriore problema nasce dal rapporto con gli altri, i non diabetici, dal timore di non essere accettati, di essere oggetto di sciocchi pregiudizi, di essere considerati "diversi". Infatti, tanto meglio si padroneggia la propria condizione di diabetico quanto più si è accettati dalle persone con cui viviamo e lavoriamo. La reazione più frequente della persona diabetica è quella di tacere il proprio stato: ciò in realtà può essere causa di maggiore stress che parlarne apertamente. In ogni caso, è normalmente meglio non nascondere la realtà alle persone affettivamente più vicine, alle quali non è poi difficile spiegare e dimostrare che il diabete è una condizione che, se mantenuta sotto controllo, permette di svolgere una vita assolutamente normale, semplicemente osservando alcune precauzioni.

I risvolti psicologici del problema sono molteplici e diversi a seconda delle età (per esempio, una attenzione particolare va prestata al bambino, specialmente nell'ambiente scolastico) e dei rapporti fra le persone (per esempio, una diagnosi di diabete può rischiare di alterare gli equilibri della coppia). La questione psicologica si deve dunque allargare anche ai soggetti che diabetici non sono, perché dalla loro comprensione della realtà, senza preconcetti, non può che venire un grande beneficio al diabetico.



Sembra di poter dire che - al di là delle tante situazioni possibili di difficoltà che certo non si possono riassumete in poche righe - la diffusa e generale consapevolezza da parte di tutti di che cosa sia il diabete e del modo corretto di affrontarlo sia di fondamentale importanza per il superamento del disagio psicologico, spesso figlio della paura del singolo e dell'incomprensione altrui.



1600 a.C. Un papiro egiziano (papiro di Ebers) accenna ai sintomi del diabete e propone varie cure a base di datteri, tritello di grano, gomma, miele, ginepro, lievito di birra 1000 a. C. Documenti dell'antica medicina indiana e della medicina cinese narrano di individui che eliminano urina che attira cani, formiche ed api. Nei secoli seguenti si conferma che taluni hanno sete insaziabile ed eliminano abbondante urina. III secolo a. C. Viene coniato da Demetrio di Apameia e da Apollonio di Menfi il termine Diabete il cui significato è "acqua che passa". I secolo d. C. Rufo di Efeso descrive per la prima volta un organo dall'"aspetto carnoso" al quale darà il nome di Pancreas.

L'attività fisica e il diabete



Lo sport nel trattamento del diabete mellito

Generalità




L'esercizio fisico, specie se aerobico, è parte integrante del piano di trattamento del Diabete Mellito.

La prima osservazione storica sull'argomento risale alla prima metà dell'800 ed è presente nel libro "Memoires d'un diabetique" in cui l'autore, medico e diabetico, riferiva che dopo un pasto abbondante (accompagnato da vino borgognone) era solito percorrere di corsa i boulevard esterni di Parigi e ne provava grande giovamento sul suo fisico.

La prima osservazione scientifica risale invece al 1926 (solo 5 anni dopo la scoperta dell'insulina), anno in cui Lawrence, medico inglese e diabetico, pubblicò sul British Medical Journal un articolo in cui dimostrava su se stesso che una iniezione di 10 unità di insulina pronta produceva un abbassamento glicemico molto maggiore e più rapido se era seguita da un esercizio fisico piuttosto che se si restava a riposo.

Per il sinergismo d'azione del lavoro muscolare e dell'insulina l'esercizio fisico venne considerato un "pilastro" della terapia del diabete (Joslin Clinic, 1959).

Negli anni '70 e '80 il miglioramento degli schemi terapeutici fece un po' dimenticare l'importanza terapeutica dell'esercizio. Nell'ultima decade, invece, l'attenzione del mondo diabetologico italiano si è focalizzata sulla qualità della vita e dunque anche su un aspetto non secondario di essa, quello dell'attività fisica e sportiva, ciò anche grazie all'impulso promozionale dato dall'Associazione Nazionale Italiana Atleti Diabetici.

La pratica dell'esercizio fisico sicuro, infine, richiede oltre alla motivazione ed all'attitudine, che il paziente venga addestrato all'autocontrollo e all'autogestione e quindi rappresenta un forte volano di educazione terapeutica.