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Rubriche > SOTTO VOCE > La mia ex è una stalker e nessuno mi crede
La mia ex è una stalker e nessuno mi crede
Articolo di Anonimi pubblicato il 29/1/2015 (1511 Letture)
Ho spostato i mobili mille volte prima di trovare un ordine preciso. Ho cambiato casa, le mie finestre stanno sempre più o meno chiuse, sono discret@, volo basso, latito rispetto a qualunque invito arrivi dal mondo esterno. Concretamente, diciamolo, ho paura. Da quando ho chiesto la separazione e ho provato a ricominciare le mie giornate sono state molto complicate. Ogni mattina mi sono sforzato di respirare e trovare un punto di equilibrio, poi c’era il lavoro, qualche amic@, se non riuscivo a stare sola la sera invitavo una persona con cui andare a letto. A volte solo per dormire abbracciati, per scacciare la paura, la vergogna, a volte il senso di colpa.

Tutto quel che mi accadeva sembrava essere colpa mia, un danno, due, un dispetto e un’offesa, parole scriteriate dette sottovoce, perché gli altri non sapessero che ero io la vittima. Una mattina ho sentito gli urli che arrivavano dal parcheggio. Era la persona con cui ero stat@ a letto e c’era quel pezzo di vita precedente che dava calci e sputava – oh come sputava! – e quanto veleno veniva fuori dalla sua bocca. Ho chiamato il 112, perché nessuno mi crede e ho bisogno di riprendere in mano la mia vita.
sposasex


Qualche giorno dopo mi chiamano per una denuncia fatta contro di me. La mia ex ha dichiarato che io ero passato da lei e avevo rotto la porta perché volevo entrare per picchiarla. Fortuna che alla stessa ora io stavo a fare un turno di lavoro extra di cui lei non era a conoscenza. Se l’era calcolato bene, sapendo che sarei stato a casa, sicuramente da solo, così ha messo un po’ in disordine per crearmi una montagna di problemi. Diceva che io ero lo stalker e invece la stalker era proprio lei.




Le sue minacce sempre presenti: ti faccio chiudere in galera, ti rovino la reputazione, dovrai cambiare strada, città, nazione, pianeta, non vedrai mai tuo figlio, non te lo meriti, tutti sanno che razza di bastardo sei. E io ero terrorizzato perché leggevo nei volti altrui la sfiducia che cresceva. Più lei mi creava danno e più mi giudicavano un folle visionario che in realtà perseguitava lei. Avete una vaga idea di quel che vuole dire, per uno come me che non ama la rissa e che per i litigi sbatteva la porta e usciva per non sentire gli urli, svegliarsi all’alba o essere monitorato al lavoro con la polizia che arrivava a tutte le ore o che chiamava il capo, i colleghi, i vicini, e non potete capire quanto è dura trovare un po’ di comprensione quando tutti pensano che tu sei il carnefice perché è lei a dichiararlo.




La paura è una cosa brutta, ti piega e ti fa diventare timoroso per qualunque cosa, perciò non osavo fare nulla, perché più tentavo di difendermi e più venivo trascinato giù, nel suo vortice di follia. Come quando provi a salvarti mentre il vortice ti risucchia giù e comunque anneghi. Stavo annegando, lei stava per vincere, perché aver chiuso con lei mi è costato tutto e non voleva restituirmi neppure la mia vita. Per un po’ provai a cambiare tattica. Andai a vivere con altra gente così lei non poteva simulare nulla in presenza di testimoni. Andavo al lavoro con un collega che arrivava da me e io gli davo un passaggio in macchina. Uscivo poco e nelle mie serate solitarie ho conosciuto la sorella di un mio coinquilino. Rimase una notte, poi due, diventarono mesi di frequentazione e allora ci decidemmo a prendere una casa insieme perché pensavo che mai la mia ex avrebbe osato rompere il cazzo mentre c’era un’altra.




Nel frattempo, chiaramente, non potevo vedere mio figlio e aspettavo con pazienza il giorno in cui lei si sarebbe calmata. Saltai un mese di mantenimento per il piccolo e la feci avvertire dall’avvocato chiedendole la cortesia di aspettare il mese dopo e le avrei dato tutto assieme. La “madre di mio figlio” ha avuto il coraggio di mandarmi la polizia e di farmi minacciare dal suo avvocato. Un giorno, non so come, scoprì qual era il nuovo numero di telefono e chiamò con la scusa di far parlare il bambino con me. Sapeva che a quell’ora ero al lavoro. Rispose la mia nuova compagna e gliene disse di tutti i colori. La chiamò zoccola, troia, l’intimidì a sufficienza, le disse che mai e poi mai mi avrebbe fatto vedere il figlio finché c’era lei, un’estranea, e la mia compagna le rispose che non me lo faceva vedere neppure prima e che comunque era lei a perderci. Avere una babysitter gratis ogni tanto poteva servirle – così le disse – “perché forse se esci butti via un po’ di veleno e torni felice anche tu così siamo tutti più contenti”.




La mia compagna non è stupida e alla mia ex non è mai andato giù il fatto che io abbia trovato una persona intelligente che mi ama. Aveva detto a tutti che io sarei rimasto sempre solo e che ero una persona orribile. Così disse in giro che la mia nuova compagna doveva essere una imbecille, una zitella, una di quelle che non se la pigliava nessuno e altri insulti sessisti dello stesso tipo. A me non interessa vantarmi per rispondere alle cazzate che dice la mia ex ma io ero l’ultimo che pensava di poter godere della amicizia e poi dell’amore di questa donna piena di amici e di persone che le vogliono bene.




Insomma la mia ex rosicava e rosicava tanto. Gelosa all’infinito, per cui o ero suo o di nessun altra. Ho anche temuto che facesse male alla mia compagna e ho sempre fatto di tutto per smorzare i toni e non darle soddisfazione. Poi venne il giorno in cui il tribunale decise che lei non era stata affatto una brava cittadina e madre dato che non aveva rispettato i turni di visita che erano dovuti a nostro figlio. Fu costretta a farmelo vedere, non senza scenate e senza opposizioni da parte del suo padre padrone che doveva proteggerla dall’orco cattivo quando in realtà l’orco era lui.




Devo ancora fare tanti sacrifici per stare con mio figlio e vivere la mia nuova vita e ancora sposto mobili, tengo le finestre socchiuse e ho paura, mi sento sotto assedio, sono una vittima di stalking. Peccato, davvero, peccato che nessuno mi creda.



Ps: questa è una storia vera. Grazie a chi me l’ha raccontata. Ogni riferimento a cose, fatti e persone è puramente casuale.





 


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