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Rubriche > SOTTO VOCE > Vivere al ritmo della sensualità
Vivere al ritmo della sensualità
Articolo di Anonimi pubblicato il 26/1/2015 (1353 Letture)
A me piacciono milioni di preliminari disseminati nell’arco della giornata. Voglio che lui faccia in modo di tenere la mia mente impegnata, il mio desiderio costante, la pelle d’oca tutto il dì. A che serve una penetrazione e basta, quattro prove di competenza senza sforzo se lasci che il mio corpo resti freddo prima, durante e dopo ogni rapporto? Io sono qui, carne viva, pensieri e gesti che valgono la tua attenzione. Sono qui, ad occhi chiusi, dormo tra le tue braccia e mi sento forte. E piena. Intera. Perché mai dovrei rinunciare a sentirmi così? 





Tango Argentino


Tango Argentino




La mano che solleva la gonna e stuzzica la coscia. Non l’ho mai visto fare a mio padre. Non gli ho mai visto fare alcun approccio nei confronti di mia madre. Se ne stavano lì austeri e inflessibili, per nulla liberi e asessuati, ed è quella la vita che ci hanno trasmesso. Ho scoperto il piacere di una mano che scopre la mia coscia dopo molti anni. Il gesto sicuro di chi sa dove vuole arrivare, quello che vuole toccare, perché la padronanza nelle mosse da praticare nell’intimità non sono segno di arroganza, machismo, sfoggio del potere. Io vivo quel gesto come l’espressione di un desiderio costante. Potrebbe toccarmi la guancia, invece mi afferra il collo, striscia la mano sotto i capelli, se li fa scivolare tra le dita. Potrebbe sfiorarmi la spalla, invece accarezza la linea dei seni e insinua un dito tra le pieghe aperte della camicetta, tra un’asola e l’altra.



Sentirmi sempre voluta, desiderata, mi eccita moltissimo, e non capisco come abbia fatto mia madre a vivere un rapporto in apparenza arido, ché non le restituiva alcun frammento di passione, nessun respiro ad incrociare il suo, neanche una parola pronunciata sottovoce, a farle sentire il calore delle labbra vicino all’orecchio. Non c’era contatto tra quei corpi, come se si fossero toccati in via del tutto eccezionale per generare figli e poi basta. Non credo che mia madre si sia mai masturbata e dubito che abbia avuto un orgasmo. Sono certa che lei sia stata utile a mio padre ma per lei non credo lui abbia conservato un momento dedicato interamente al suo piacere.



Allora penso al momento in cui lui mi tocca il bacino, quando accompagna il mio corpo che tocca una sedia, quell’indugiare sul fianco e poi premere con le dita per farmi sentire che mi vuole. Il rapporto che ho con lui non è da nove settimane e mezzo. Nulla di anestetizzante. E’ vita. E io ricambio con una sensualità che solo grazie a lui viene fuori. Quando non c’è è come se mi spegnessi. Perdo la capacità di essere attraente. Torno ad essere la banale impiegata che si rivolge al pubblico tra le 9.00 e le 14.00. Per lui, invece, ogni mio movimento diventa eccitante. Cambia il mio modo di mangiare, di sorseggiare un bicchiere di vino, di parlare. Per conservare quella sensazione provo a tenermi stretto il suo odore dopo che lui è andato via. Inserisco un paio di palline nella vagina e mi piace averle dentro mentre accavallo le gambe, strofino le cosce e nel frattempo mollo pratiche e rivolgo sorrisi formali a tanti estranei.



Ricordo di una tizia che una volta disse che l’amore vero non ti annienta. Non ti tiene così legata e dipendente, con la costante paura di perderlo e di sfiorire quando lui è lontano. Diceva che non è sano, forse è un po’ morboso. Vantava una relazione con un tale che la trattava male in pubblico e io non l’ho mai criticata per questo. Ma cosa vuole saperne un’altra di quel che piace a me. Sono io, che non ho paura di essere dominata dalle emozioni, non temo di veder svanire la razionalità nel desiderio, che do più valore al tatto che a quello che possiamo comunicarci in altro modo. Non servono parole, è un linguaggio tutto nostro. Lui si eccita e io faccio di tutto per farlo eccitare. Lui mi desidera e io mi sento viva, bellissima e orgogliosa di quel che sono.



Quando lui non c’è bacio la mia pelle, mi tocco pensando a lui e sfioro con il dorso della mano cosce, pube, addome, i seni. Mi piaccio e so che questo, forse, è un riflesso di quel che lui vede in me. Vuol dire che se non gli piacerò più mi vedrò brutta e senza fascino? Forse. Fintanto che non riacquisto sicurezza. Non è questo un gioco che tiene in vita le relazioni? Chi vuole rinunciare a sentirsi così bene? Come si fa a rinunciare a questo? Come hai fatto, mamma, a rinunciare per tutta la vita a sentire la tua pelle attraverso il tocco altrui?



Il sesso in se’, vedete, non è una cosa che preferisco. A me piacciono milioni di preliminari disseminati nell’arco della giornata. Voglio che lui faccia in modo di tenere la mia mente impegnata, il mio desiderio costante, la pelle d’oca tutto il dì. A che serve una penetrazione e basta, quattro prove di competenza senza sforzo se lasci che il mio corpo resti freddo prima, durante e dopo ogni rapporto? Io sono qui, carne viva, pensieri e gesti che valgono la tua attenzione. Sono qui, ad occhi chiusi, dormo tra le tue braccia e mi sento forte. E piena. Intera. Perché mai dovrei rinunciare a sentirmi così?



Ps: è una storia vera. grazie a chi me l’ha raccontata. ogni riferimento a cose, fatti e persone è puramente casuale.



 



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